Convivenza di Fine Anno
a Trento

28 dicembre 2001 - 1 gennaio 2002

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a cura di Rossella

 


iao a tutti!! Eccoci qui! In questa foto sono stati immortalati i ragazzi che hanno partecipato alla convivenza GIM di fine anno a Trento!

La nostra convivenza è iniziata venerdì sera 28 dicembre e si è conclusa il primo giorno dell’anno nuovo. In questi giorni passati insieme eravamo anche in compagnia di Suor Maria Pia e di P. Paolo Paoli; la maggior parte dei ragazzi erano di Trento, ma ci ha rallegrato molto la presenza di tre ragazzi di Vicenza, tre di Verona, una ragazza di Padova ed una ragazza di…ROMA!! Prima di iniziare la convivenza ci siamo incontrati per organizzare i servizi che avremmo poi svolto nella nostra città, per definire l’organizzazione di spazi e tempi della convivenza e per realizzare un percorso religioso – spirituale da percorrere insieme nei cinque giorni che ci attendevano. Che lavoraccio, ve lo posso assicurare!! Però…quanta soddisfazione!! Eravamo tutti molto “carichi” dall’idea di organizzare per la prima volta una convivenza a Trento ed allo stesso tempo anche un po’ emozionati dal fatto che dovevamo prepararla noi e sapevamo che qualcuno si sarebbe affidato alla nostra organizzazione. Per noi è stata una sfida, se così posso definirla, che siamo riusciti a calibrare e vincere: sono fermamente convinta che questo nostro impegno sia stato molto arricchente per noi, sia per un nostro rafforzamento di responsabilità sia per comprendere interiormente le nostre capacità e la nostra volontà che ci ha portato anche a capire veramente ciò di cui abbiamo bisogno, e ciò di cui avrebbe bisogno l’altro. Credo sia stato molto importante chiedersi come realizzare una convivenza (quindi un cammino da fare insieme), perché non sono stati giorni isolati l’uno dall’altro, ma ogni giornata richiamava l’altra ed ancora ci richiama nelle nostre giornate quotidiane.

Bhe.. dalle voci e dalle opinioni di chi si è trovato a Trento nelle nostre mani, sono stati positivi e soprattutto ricchi di suggerimenti e stimoli; siamo rimasti soddisfatti da come abbiamo trascorso questi giorni e pieni di energia per continuare nel nostro percorso Gim.

La convivenza di fine anno non copia le classiche convivenze GIM che si svolgono durante l’anno e hanno come scopo quello di realizzare un percorso di riflessione e di preghiera, ma, oltre a questo, che comunque rimane la base su cui appoggiare tutto,  si organizzano dei momenti di servizio da svolgere nel territorio. Noi quest’anno abbiamo organizzato un pomeriggio presso una casa di riposo a Trento, degli incontri presso le comunità Anffas, alcuni ragazzi sono andati a lavorare alla mensa dei Cappuccini, altri hanno svolto volontariato presso il Centro Missionario Diocesano. Questi servizi li abbiamo resi possibili grazie a ragazzi che si sono organizzati ed impegnati per realizzare questi momenti di incontro ed anche a contattare due persone che ci hanno portato la loro testimonianza. Mi riferisco a Stefano De Toni, un ragazzo che l’anno scorso ha partecipato alla marcia per la Pace in Africa “Anch’io a Bukavo”, ed a Don Dante, un prete di strada che nella nostra città gestisce un’associazione “Punto d’incontro” per le persone che non hanno una casa dove vivere.

Vorrei mostrare in maniera forse schematica, ma più chiara ciò che abbiamo fatto in questi giorni, sperando che vi possa interessare!!!


Don Dante

uesto personaggio simpatico e tanto tenero è Don Dante, che ci ha fatto visita un sabato mattina; a mio parere è stato un incontro fondamentale, almeno per me. Ho visto Don Dante come un esempio di semplicità e di vera capacità di vivere con gli uomini e con Dio basandosi su piccole cose e fatti quotidiani che ci spingono sempre a confrontarci con altre persone e con queste realizzare a fatti e non a parole l’amore e la solidarietà per il prossimo, che spesso si predica ma non si pratica. È portatore di un amore grande sincero che dona a tutti, perché sa quanto è importante questo sentimento che albeggia appena in ognuno di noi ed ancora non siamo in grado di darlo a tutti. E poi come ci dice lui ci definiamo cristiani…


Come vi ho scritto prima, Don Dante è un prete di strada e a Trento, ha un’associazione chiamata il “Punto d’incontro”. Questa associazione accoglie tutte le persone che non hanno un posto dove andare: offre a queste pasti caldi, vestiti, servizio docce e possibilità di intrattenimento.
“Vorrei trascrivere in maniera più oggettiva possibile le parole che lui ci ha detto nel nostro incontro.
Tutte le persone sono figli di Dio, tutte. Nel mondo ci sono differenze ma c’è un momento che arriva per tutti prima o poi, la morte. Questa ci unisce tutti, in questa siamo tutti uguali. La morte mi faceva paura una volta, ma pensandoci meglio, la morte è logica per un cristiano: perché c’è una nuova vita. Tutti saremo come Dio e lo vedremo così com’è….e non credete a quelli che vi dicono di parlare con i morti, perché non è vero!!!

Siamo tutti cristiani, ma comunque non esiste un cristiano senza peccato; eppure Dio ci ama comunque. Cristo è il centro di tutto, anche nel momento della messa; non esiste la messa di padre… o la messa dell’altro padre…la messa è di Dio. Dobbiamo smitizzare tutto quello che costruiscono sulla figura di Dio, AMIAMO la nostra Chiesa, come casa del Signore.

Noi, per cosa siamo al mondo? Per amore e conoscere Dio e per goderlo nell’altra vita?

Siamo qui per amare e per essere amati. L’amore c’è e basta; non si può amare Dio se non amiamo gli uomini. Anche per questo la guerra è sbagliata, perché è violenza fra gli uomini. Noi non possiamo giudicare nessuno, perché la radice del male sta in ognuno di noi. La violenza sta in noi (violenza fisica e verbale): l’amore di Dio è l’amore del prossimo, è un amore unico…..

Era nel mio cuore essere prete di strada. Radunavo i ragazzi di strada, figli della guerra, dormivamo insieme, si mangiava quello che si trovava. Era bellissimo. Nonostante facessi il prete nelle parrocchie, avevo un sogno: vivere insieme alla povera gente, ai barboni. La storia di tutti è sacra, Dio ci ama tutti, anche se per noi è impossibile. Siamo più legati alla materialità che alla spiritualità, ma Dio è comunque innamorato di tutti.

Attraverso le mie sofferenze ho potuto capire le sofferenze degli altri. ASCOLTATE le persone, perché hanno bisogno di parlare; hanno bisogno di un amico, di qualcuno che li ami. Ogni tipo di sofferenza che ognuno si trascina, lo rende povero; la povertà più dura però è la solitudine e la si può combattere solo con l’amore.

Portate le persone verso la parola di Dio, non verso la mia parola; si arriva ad un linguaggio innamorato. Gli innamorati si dicono parole dolci, gli innamorati litigano, a volte tra gli innamorati c’è un silenzio che parla. Ecco, la nostra preghiera deve diventare il silenzio degli innamorati.”

I servizi svolti durante questa convivenza

elle giornate della convivenza ci dividevamo in gruppi per svolgere alcuni servizi a Trento.

Abbiamo organizzato un momento di animazione presso una casa di riposo: per passare in maniera allegra un pomeriggio insieme abbiamo scelto e preparato alcuni canti e balli da poter fare anche insieme alle persone anziane. Inizialmente ho percepito un po’ di distacco tra noi e le persone che vivono nella casa di riposo, ma siamo riusciti ad entrare subito in contatto, incominciando da presentazioni reciproche, canti e balli fatti ed animati insieme. Quest’ultima cosa ha permesso di “riscaldare” l’atmosfera e vivacizzare alcuni momenti che hanno rotto la routine quotidiana degli anziani. Un’altra parte del tempo a noi disponibile, l’abbiamo dedicata a far visita ad altri anziani che vivono in questo ricovero. È stato un momento conviviale nel quale abbiamo scambiato un po’ di chiacchere e naturalmente gli auguri per un nuovo e felice anno!!!
Per due pomeriggi ci siamo recati nelle comunità Anffas (associazione nazionale famiglie fanciulli adulti subnormali): siamo andati presso degli appartamenti dove vivono persone con handicap assistite da alcuni operatori ed educatori sociali. Anche con loro abbiamo pensato di passare dei momenti insieme all’insegna del canto, di giochi e insomma del divertimento! Erano molto contenti della nostra presenza e ce lo dimostravano con segni di affetto ed euforia, chiedendoci di continuare a cantare ed a ballare insieme a loro. Come spesso qualcuno potrebbe pensare al fattore diversità, si puó tranquillamente affermare che non esiste. Questo servizio come gli altri sono per noi un modo per stare insieme, condividere qualcosa e per capire che anche nel nostro piccolo siamo in grado di creare cose meravigliose.


Alcuni di noi hanno dato la disponibilità al Centro Missionario Diocesano per aprire una mostra dei “presepi del mondo”. Questo servizio lo abbiamo coperto per tre pomeriggi consecutivi: si stava nella sala del Centro dove era stata allestita questa mostra e stavamo a disposizione delle persone che venivano a vedere i diversi presepi.
Per due pomeriggi altri di noi sono andati a prestare servizio alla mensa dei Cappuccini a Trento. Avevano chiesto la disponibilità a qualcuno che andasse a dare un aiuto nel distribuire i pasti alle persone che si recano in questa mensa.

Per la messa dell’ultimo giorno dell’anno ci hanno chiesto se eravamo disponibili ad animare la funzione religiosa presso la cappella dell’ospedale S. Chiara di Trento.  Bhe… come si vede dalla foto…presto detto subito fatto. Ci ha chiesto disponibilità il frate che fa la messa in questa cappella; solitamente la messa è per le persone ammalate che devono rimanere all’ospedale a farsi curare, ma vengono anche i familiari che prestano assistenza ai propri malati ed anche altre diverse persone.


Il nostro cammino religioso

enerdì sera, cappella. Si accende una candela, l’atmosfera è serena, accogliente. È il momento principale: dire le motivazioni che ci hanno spinto ad aderire alla convivenza di fine anno a Trento. C’è chi vuole mettersi in gioco, chi vuole fare un capodanno diverso all’insegna del servizio, chi è curioso, chi ha accolto la “sfida lanciata da Mosè”, chi per caso, chi per provare una nuova esperienza, chi perché è una convivenza autogestita dai ragazzi e chi per continuare un percorso che si collega ad esperienze personali…

Vorrei dire la mia: ritrovare Dio, rivederlo e scoprirlo in una maniera più profonda e sincera. Rivedere me stessa sulla via che Dio mi ha segnato.

Insieme ad altre ragazze del gruppo preghiera abbiamo pensato ad un percorso di preghiera simile a quelli degli incontri GIM: lodi, deserto, confessioni, preghiere ed intenzioni alla sera…., ma incentrato sui temi dell’amore, della pace, della giustizia e della fratellanza. Viviamo in un’epoca piena di guerre e noi, anche se fortunati, perché ancora siamo in pace, non possiamo rimanere indifferenti verso ciò che ci circonda. Quindi, noi, cosa possiamo fare? Qual è il nostro ruolo? Il nostro dovere?

Abbiamo letto una storiellina….”Il sogno divino”

“Una notte ho sognato che in via Saragozza era stata aperta una nuova bottega con l’insegna “dono di Dio”. Entrai e vidi un angelo dietro il banco; meravigliato gli chiesi: ”Cosa vendi angelo bello?”. Mi rispose: “Ogni ben di Dio”.

“Fai pagare caro?”

“No, i doni di Dio sono tutti gratuiti.”

Contemplai il grande scaffale con anfore d’amore, flaconi di fede, pacchi di speranza, scatole di salvezza e così via. Mi feci coraggio e poiché avevo un immenso bisogno di tutta quella mercanzia chiesi all’angelo: “Dammi un bel po’ d’amore di Dio, tutto il perdono, un cartoccio di fede e salvezza quanto basta”. L’angelo gentile mi preparò tutto sul bancone, ma quale fu la mia meraviglia vedendo che di tutti i doni che avevo chiesto l’angelo mi aveva fatto un piccolissimo pacco. Esclamai: “Possibile? Tutto qui?”

Allora l’angelo solenne mi spiegò: “Eh si, mio caro, nella bottega di Dio non si vendono frutti maturi, ma soltanto piccoli semi da coltivare”.”

Ecco: noi dobbiamo prendere in mano questi semi che Dio ci dà ogni giorno della nostra vita; ma dobbiamo vederli bene con il cuore perché sono molto piccoli, e se si fanno maturare possono creare tanti frutti, segno di un impegno costante e continuo.

Vogliamo costruire veramente un mondo nuovo di pace? Ma come? Amando l’altro come noi amiamo noi stessi; proprio Don Dante ci disse che se non amiamo gli uomini come possiamo amare Dio? Eppure Dio ci dà tanto amore che noi non consumiamo o nemmeno lo vediamo.

Come posso amarti veramente Dio?

Penso che si debba incominciare dal proprio piccolo: saper dare amore, ma amore vero alle persone, partendo da coloro che vediamo tutti i giorni, che ci parlano e poi allargando questo sentimento anche a chi sento “più lontano da me”. È un percorso molto faticoso, è una lotta continua, ma allo stesso tempo bellissima, perché ci pone davanti agli occhi uno scopo importantissimo: rendere il mondo, nuovo. Ognuno di noi è chiamato a dare la sua parte, ed anche se piccola sarà sempre utilissima perché sarà un elemento integrante nella costruzione della pace. Durante questi giorni, ascoltando tante persone, incontrandole, ho riflettuto molto tempo su un punto lanciatoci come sfida in questa convivenza: quanto tempo mi soffermo a parlare veramente con una persona? Mi soffermo mai per andare in profondità e non a guardare solo l’apparenza? Credo che cambierebbero molte cose, molte opinioni: siamo spesso veloci nel considerare un’altra persona diversa da noi ed arrivare a volte ad esserne indifferente senza giuste motivazioni. Questa strada spesso porta all’odio ingiustificato ed alla violenza. Si parla di pace, ma se non incomincio a vedere l’altro come simile a me non ottengo nulla. Ognuno ha i propri pregi ed i propri limiti, ma questo è un punto in comune che le persone hanno, ma che molte volte non riescono a concretizzare. Bisogna smettere di pensare che esistono i migliori ed i peggiori; dobbiamo solo pensare che siamo uguali e su questa uguaglianza costruire e costruire qualcosa di nuovo ed armonioso. Dio ci ha creati per essere l’uno contro l’altro? Diciamo sempre che non è così, ma nella realtà accade, perchè? Cosa ci frena a completare il disegno che Dio vuole che noi facciamo per lui? Credo che un miscuglio  di volontà ed umiltà possa essere utilissimo. Qualcuno disse che abbiamo imparato tante arti, ma non impariamo ancora l’arte di vivere come fratelli. La pace è solo un’utopia? No, è fatica, sforzo, sorrisi, pianti, strette di mano, rinunce, abbracci, diversità e….

Per portare all’esterno il nostro messaggio sulla pace abbiamo pensato di organizzare una veglia di preghiera per la pace presso la parrocchia di Madonna Bianca a Trento. “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono” (messaggio di Papa Giovanni Paolo II): abbiamo voluto organizzare per la comunità un momento di riflessione sul tema della pace. Soprattutto in questo momento, dopo le ultime tragedie qualcosa ci unisce all’umanità: la solidarietà e la compassione per le vittime. Questo ci accomuna tutti, perché tutti vogliamo costruire la pace, ma non odiando l’altro, anzi, amandolo, perché è solo l’amore che può vincere l’odio. E chi ci ha donato questa facoltà di amare? Dio. Ci ha donato tutto il suo amore, ce lo dona ancora, ma ci chiede solo una cosa: non tenerselo solo per sé, ma di scambiarlo con gli altri, perché così si può parlare di amore con la A maiuscola! Eppure ancora si fatica…Anch’io personalmente mi sono trovata spesso in difficoltà a mettere in pratica questo principio, ma se penso a quando sono andata incontro ad una persona, ricordo quanto sia bello ed arricchente e questo mi spinge ad andare avanti e a migliorare insieme alle persone che incontro nella mia vita. Proviamoci tutti!!

Come segno da dare a chi ha partecipato alla veglia di preghiera, abbiamo lasciato delle immagini di persone del mondo e dietro ad ogni immagine abbiamo lasciato una frase per la riflessione personale: “L’amore non parla, l’amore ama”.

Anche nelle nostre giornate di convivenza c’era un piccolo segno: ad ogni incontro di preghiera abbiamo distribuito dei pezzettini di carta con disegni strani…alla fine questi pezzettini di carta uniti tutti insieme completavano un disegno: una piccola colomba, simbolo di pace. Il distribuire un pezzettino alla volta lo consideravamo come un piccolo impegno da portare con sé.

Ripenso alle sere della convivenza, dove ognuno di noi affermava il suo entusiasmo per il servizio svolto, per la giornata passata in compagnia, per la profondità dei testi religiosi che abbiamo presentato in questi giorni, per come ognuno si sentiva arricchito di qualcosa che le parole spesso non riescono a esprimere. Vorrei a questo proposito ricordare le parole di P. Paolo dette alla messa del primo giorno dell’anno: la messa non è finita, ma incomincia fuori. Giusto, dopo la convivenza di fine anno ognuno di noi è tornato alle proprie case, insomma nella propria vita quotidiana ed è in questa che siamo chiamati veramente a mettere in pratica ciò che abbiamo ‘imparato’ per continuare la nostra “missione di pace”!

Un salutone  a tutti
Rossella