La Pace non Cammina
da sola

Veglia di preghiera per la Pace
  Pezzoli, 31 dicembre 2001

cerca nel sito

torna alle pagina della convivenza a  Pezzoli

scrivi

 



 

Siamo
Salvatore che dalla Sicilia tenta la fortuna in America
Tanja dall'Albania in Italia
          Omar dall'Afghanistan in Pakistan
Ma domani per Dio, domani saremo solo uomini, o non saremo! 

 


Canto iniziale: San Francesco

 

Non c'è Pace senza Giustizia
Non c'è Giustizia senza Perdono


"Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11 settembre scorso. In quel giorno, fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da allora, la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura." (1)

(dal messaggio di Giovanni Paolo II  per  la  GIORNATA MONDIALE DELLA PACE  1° gennaio 2002)


I miei occhi
grondano lacrime
Notte e giorno,
senza cessare

Da grande calamità
è stata colpita
la figlia del mio popolo
da una ferita mortale.

Se esco in aperta
campagna,
ecco i trafitti di spada;
se percorro la città,
ecco gli orrori della fame

Anche il profeta ed il sacerdote
si aggirano per il paese
e non sanno cosa fare.

Hai forse rigettato
completamente Giuda,
oppure ti sei disgustato di Sion?
Perché ci hai colpito,
e non c’è rimedio per noi?

Aspettavamo la pace,
ma non c’è alcun bene,
l’ora della salvezza ed ecco il terrore!

Riconosciamo la nostra iniquità,
Signore, l’iniquità dei nostri padri:
contro di te abbiamo peccato.

Ma per il tuo nome non abbandonarci,
non rendere spregevole il trono
della tua gloria. Ricordati!
Non rompere la tua alleanza con noi.


"Quanto è recentemente avvenuto, con i terribili fatti di sangue appena ricordati, mi ha stimolato a riprendere una riflessione che spesso sgorga dal profondo del mio cuore, al ricordo di eventi storici che hanno segnato la mia vita, specialmente negli anni della mia giovinezza.

Le immani sofferenze dei popoli e dei singoli, tra i quali anche non pochi miei amici e conoscenti, causate dai totalitarismi nazista e comunista, hanno sempre interpellato il mio animo e stimolato la mia preghiera. Molte volte mi sono soffermato a riflettere sulla domanda: qual è la via che porta al pieno ristabilimento dell'ordine morale e sociale così barbaramente violato? La convinzione, a cui sono giunto ragionando e confrontandomi con la Rivelazione biblica, è che non si ristabilisce appieno l'ordine infranto, se non coniugando fra loro giustizia e perdono. I pilastri della vera pace sono la giustizia e quella particolare forma dell'amore che è il perdono." (2)

 

(dal messaggio di Giovanni Paolo II  per  la  GIORNATA MONDIALE DELLA PACE  1° gennaio 2002)

canto: Todavia Cantamos

Testimonianze di Pace


"Spostare la Lotta"

(costruzione della Giustizia)

tratto da H.Goss-Mayr, Come i nemici diventano amici, EMI


"Duro da... partorire!"

(il coraggio del Perdono)

scritto di Efrem Tresoldi tratto da Ormegiovani di Ottobre 2001

"Spostare la Lotta"
(costruzione della Giustizia)

… la popolazione del “barrio” cominciò ad agire. Un centinaio di donne si unì per soddisfare la sua esigenza più pressante: la fornitura di acqua potabile. Per prima cosa, esse cercarono di dialogare con l’amministrazione comunale, ma la distanza fra le donne del quartiere povero ed il consiglio comunale era troppo grande. Tutto si risolse in vuote promesse.

Allora esse tentarono di conquistare la solidarietà delle donne benestanti, appellandosi alla loro coscienza attraverso gesti che esprimessero la loro situazione di povertà. Si unirono in gruppi di dieci donne ciascuno, presero con sé i loro bambini più piccoli e scesero nell’elegante piazza principale, dove un’imponente fontana versava giorno e notte acqua limpida nella vasca. Il vento spingeva l’acqua oltre il suo bordo, formando delle pozzanghere sul terreno.

Il primo gruppo di donne si avvicinò alla fontana e cominciò a lavare i bambini non nel catino, ma nelle pozzanghere. Subito delle donne delle classi alte si fermarono, parlando con le donne del “barrio”: «Sciocche, i vostri bambini moriranno se li lavate nell’acqua sporca!». Ora le donne potevano dare testimonianza della loro situazione: della mancanza di acqua potabile, del rifiuto delle autorità cittadine, della morte dei loro figli. Ma ecco subito arrivare la polizia per cacciare le donne. Pochi minuti dopo, un secondo gruppo, lo stesso gesto. Dialogo con un maggior numero di benestanti, uno schieramento di polizia e la minaccia di arresto. Dopo pochi minuti il terzo gruppo, il gesto, un numero sempre più alto di donne della classe alta.
Un poliziotto si getta sulle donne povere col manganello. Una signora lo trattiene: «Señor, se vostra moglie fosse in questa situazione, non lottereste anche voi per l’acqua potabile?».
 La solidarietà era stata creata. L’azione delle donne del “barrio” aveva trovato risonanza dove il cuore delle donne è vulnerabile: là dove si tratta della vita e della morte dei bambini. Esse avevano spostato la lotta sul terreno della coscienza. Avevano fatto affidamento sul fatto che delle donne benestanti, poste a confronto con la forza della verità, sono in grado di aprire il loro cuore, che la loro comprensione e la loro coscienza possono crescere ed ampliarsi.
Nello stesso giorno venne formato un comitato che univa donne di entrambe le classi sociali. Vennero intraprese trattative con l’amministrazione cittadina. Ora che era stata superata la disparità delle forze, il dialogo era divenuto possibile.

Gli uomini del “barrio” si offrirono di posare gratuitamente i tubi dell’acqua: alcuni mesi dopo l’acqua potabile sgorgava dai rubinetti sulla montagna. Un primo, piccolo passo era stato compiuto. Le donne avevano sperimentato la forza della nonviolenza e con essa erano cresciute.

La loro lotta proseguì. La Chiesa però rimase collegata ai potenti. Essa proibì a padre Gabriel il lavoro “sovversivo” nel “barrio” e lo allontanò…

Oggi Meddelìn è il centro della mafia della droga!

tratto da H.Goss-Mayr, Come i nemici diventano amici, EMI


mottetto di Taizè: Nada te turbe

"Duro da... partorire!"
(il coraggio del Perdono)

Come si può perdonare chi ti ha distrutto la vita o tolto per sempre una persona cara? Ascoltiamo la testimonianza di Michael Lapsley, un militante anti-apartheid, che è rimasto senza mani e privato della vista ad un occhio in seguito all’esplosione di una lettera bomba inviatagli nel 1990 da agenti del regime razzista.  Michael oggi si è riconciliato con il suo passato.
“Sono una persona migliore – dice di sé. La mia storia, il mio dolore, la mia tragedia personale sono stati riconosciuti, accolti con rispetto e riverenza da molti in Sudafrica e da altri in varie parti del mondo. Ed è stato attraverso  l’amore, il  sostegno e la preghiera di tante persone che Dio ha saputo trasformare la lettera bomba che mi ha dilaniato in un evento di redenzione nella mia vita”.
Michael  è un sacerdote anglicano ed ha scoperto una missione nuova nella  sua vita: aiutare  altri che hanno subito violenza, traumi e ingiustizie a ritrovare la pace dentro di loro. Dirige un’organizzazione chiamata Healing of Memories (Guarire la memoria) e da tempo conduce infaticabilmente seminari un po’ ovunque in Sudafrica e all’estero per permettere alle persone di raccontare la loro storia, in un’atmosfera di fiducia e rispetto.
“E’ nell’esperienza di sentirsi ascoltati, di vedere riconosciuta la propria storia di dolore e di sentirsi dire che ciò che ti è capitato è un torto commesso nei tuoi confronti,  che una persona  comincia a compiere il primo passo verso la guarigione e la ricostruzione della propria esistenza”. 

E il perdono? Padre Michael non è nuovo a questa domanda che sovente gli viene rivolta dai suoi interlocutori. “Per ora non rientra nel mio orizzonte. Non conosco il nome del mio attentatore perché nessuno finora ha rivendicato la paternità del gesto criminale.
Non capisco come si faccia a perdonare in astratto.  Ma se quest’oggi qualcuno suonasse alla mia porta di casa e dicesse: ‘Sono io quello che ti ha inviato la bomba, ti chiedo di perdonarmi’, gli porrei prima una domanda: ‘Fai ancora lettere bomba?’. Se la risposta è no sarei felice di dirgli che lo perdono. E se mi dice che lavora, ad esempio, in un ospedale preferirei che continuasse a svolgere il suo servizio a favore degli ammaliati piuttosto che finire dietro le sbarre.  Chiederei infine al mio attentatore di aiutarmi con il salario che prende a pagare la persona che mi assiste, dal momento che non sono più autosufficiente”.

Esamino attentamente le parole di padre Michael e le confronto con una definizione di perdono: ‘Perdono è il superamento di pulsioni negative: rabbia, odio, risentimento, desiderio di vendetta. E avviene quando ad esse subentrano emozioni positive: compassione, benevolenza, e anche amore ‘. Qualcun altro lo ha definito così: ‘Il perdono si realizza quando la vittima non nutre più dentro di sé risentimento o odio verso chi le ha fatto del male e sperimenta nei suoi confronti un certo grado di fiducia ’. Senza voler forzare il significato della testimonianza di padre Michael mi appare chiaro che nelle sue parole sono già presenti gli  elementi  necessari al perdono e che volendo, implicitamente,  conoscere il volto del suo attentatore desidera poter ristabilire finalmente una nuova relazione con lui.

Esperienze come quelle di padre Michael  insegnano che non ci sono scorciatoie sulla via del perdono e che perdonare è un cammino lungo, molto faticoso e doloroso. Ma è l’unico percorso certo che porta alla liberazione del male e impedisce alle vittime di inaridirsi e morire dentro.

scritto di Efrem Tresoldi tratto da Ormegiovani di Ottobre 2001

 

"Il perdono infatti comporta sempre un'apparente perdita a breve termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è l'esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a distanza una perdita reale e permanente. Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore." (10)

(dal messaggio di Giovanni Paolo II  per  la  GIORNATA MONDIALE DELLA PACE  1° gennaio 2002)

 

 

"Pregare per la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all'interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Vuol dire anche pregare per la libertà, specialmente per la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale umano e civile di ogni individuo. Pregare per la pace significa pregare per ottenere il perdono di Dio e per crescere al tempo stesso nel coraggio che è necessario a chi vuole a propria volta perdonare le offese subite.

Per tutti questi motivi ho invitato i rappresentanti delle religioni del mondo a venire ad Assisi, la città di san Francesco, il prossimo 24 gennaio, a pregare per la pace. Vogliamo con ciò mostrare che il genuino sentimento religioso è una sorgente inesauribile di mutuo rispetto e di armonia tra i popoli: in esso, anzi, risiede il principale antidoto contro la violenza ed i conflitti. In questo tempo di grave preoccupazione, l'umana famiglia ha bisogno di sentirsi ricordare le sicure ragioni della nostra speranza. Proprio questo noi intendiamo proclamare ad Assisi, pregando Dio Onnipotente — secondo la suggestiva espressione attribuita allo stesso san Francesco — di fare di noi uno strumento della sua pace." (14)

(dal messaggio di Giovanni Paolo II  per  la  GIORNATA MONDIALE DELLA PACE  1° gennaio 2002)

 

 

 

Scambio della Pace
Consegna del Simbolo
Canto finale: Mani
Un Tempo di PACE!