Convivenza Pezzoli - note di riflessione
Lasciavo
Roma il 28/12 mattina con mille pensieri per la testa, che mi
impedivano sicuramente di poter gioire appieno dell’imminente
esperienza. Da un lato, una gamba malandata da tenere a riposo e
che ha percorso, invero, molta strada; dall’altro, il desiderio
tradito di trascorrere il capodanno nella lontana e diversa
Budapest per l’incontro di Taizé. Questo la Provvidenza volle
ed eccomi a Pezzoli. Un ridimensionamento generale dei miei
progetti verso un qualcosa apparentemente più piccolo,
“inferiore”. Un paesino sconosciuto il cui nome è ignoto
persino al vocabolario elettronico degli esperti della Microsoft:
il Word lo sottolinea
in rosso, come errore ortografico, come fosse un termine
inesistente e pericoloso all’interno dell’armonioso testo
scritto. Il tipico paese in cui i giovani come noi non stanno
affatto bene ed evadono appena possibile. Non voglio mascherare
neppure un grave pregiudizio, carico del quale mi sono avventurato
in quel territorio: in quanto Romano mi aspettavo un accoglienza
sicuramente più “mirata”, meno calorosa, meno pulita, meno
spontanea, meno vera. Oggi,
passati tre giorni dalla conclusione della convivenza, sento che
tutto è stato rimesso in discussione. Rivelazioni? Non è stato
uno sforzo mio personale, ma il risultato della quotidianità
della vita di una piccola comunità di campagna che mi ha
conquistato e rasserenato nel profondo.
Il
local della parrocchia di Pezzoli irrompe nel global rappresentato in me da Taizé e da Budapest; la riduzione
degli spazi di vita consueti sconvolge l’espansione delle grandi
città, vanifica gli effetti speciali dei fuochi pirotecnici che
illuminano a giorno le grandi sagre del consumo di fine anno.
Farsi piccoli per diventare grandi. Così come il Bambino più
famoso del mondo, nato in una grotta, nelle periferie sperdute
dell’Impero Romano, anche noi siamo chiamati a decentrare lo
sguardo verso i margini del nostro mondo. Farci margine noi stessi
nei nostri stili di vita e di consumo, in maniera critica per
confermare il nostro NO! a chi vorrà farci credere che questo
“gigante con i piedi di argilla”, il neoliberismo vorace e
spietato, non esiste o se esiste è imbattibile, normale e in
fondo anche giusto. Ed ecco che da queste cinque giornate
trascorse fuori casa nasce una forza rinnovata e più consapevole,
desiderosa di costruire la pace con le potenti armi
dell’accoglienza, della speranza, della conoscenza,
dell’impegno concreto e della preghiera. Il tutto a partire da
Pezzoli, un microcosmo che ha saputo dimostrare una umanità così
profonda e disinteressata. Mi riferisco alle famiglie che ci hanno
ospitato, agli amici dell’asilo, a don Giuliano, per i quali
sento di dover ringraziare il Signore in ogni ora della mia
giornata. Dire che non si hanno parole per descrivere ciò che si
vive è facile ma è anche il modo migliore per non condividere
nulla di ciò che si porta dentro. Testimoniare. Ecco un altro
punto su cui vorrei spendere due parole. “Non ho paura delle
parole dei violenti ma del silenzio degli onesti” (M. L. King).
Che senso avrebbe la Convivenza se tutta la passione esplosa a
Pezzoli restasse segregata all’interno dei nostri ricordi,
racchiusa entro quattro fotografie destinate ad ingiallire nel
tempo? Nulla, credo. Nient’altro che una bella gita di gruppo
dove si è parlato di cose belle. Bisogna urlare, creare disordine
e scompiglio, decentrare, altrimenti rischiamo di crocifiggere
Cristo una seconda volta… Per ogni parola non detta. “Ogni
messaggio di pace non lanciato oggi è una guerra annunciata in
futuro” incessantemente ci veniva ripetuto, in quell’angolo di
mondo lontano, da Mosè e Dario. Ed è questo che dobbiamo portare
fuori da Pezzoli, dai nostri accomodanti sentimenti e dalle nostre
immagini: un grido tanto forte da far vacillare il nostro
“gigante”. Azioni concrete, progetti e non belle parole ci
vennero richiesti nella riflessione con la Martirani in quel
teatro.
Questi
i centri nodali della mia riflessione: il farsi piccoli e
rivoluzionari sull’esempio di Cristo, l’accoglienza, la
preghiera, la semplicità, la progettualità. E sia pace e festa
in tutti gli angoli del mondo!
Qui
a Roma già i “lavori sono in corso. Stiamo lavorando per un
mondo migliore… Diamoci una mano”, unidos!
Giampa
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Pezzoli
vecchie
nude sdraiate
echi
affranti di un alcolizzato
carnagione
scura per i campi
e
dietro al potente sole di maggio
mentre
fatichi per mietergli ogni raggio
Strano
fu
il
giorno in cui ci incontrammo
un
tripudio di sentimenti ci portò all’amore
e
insieme cademmo nella stessa depressione
Depressione
di straniero e immigrato emarginato
di
lavagna in terra per insegnante che spiega
la
disperazione
di
un uomo che muore in una croce e
poi
non risorge
Stanco
Pezzoli
domani
ci rivedremo ancora
per
pianificare,
insieme
a te che aspetti,
un
mondo che migliora.
(A. C.)
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