Il Peccato di Impotenza

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a cura di Michele

Per informazioni sul commercio equo e solidale, riviste e libri, Banca Etica, si può telefonare alla Cooperativa “La Rondine” di Verona, al n. 0458013504


Il peccato di impotenza

 

“Uno dei peccati più diffusi nella nostra società è il peccato di impotenza”.

 

E’ una frase di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano in Kenya. Egli sostiene che sarebbe proprio un peccato se noi ci convincessimo di essere impotenti di fronte a problemi internazionali gravi come l’immigrazione, la povertà dei paesi del Terzo Mondo, il terrorismo, la guerra, etc.

 

Secondo Zanotelli, considerarsi impotenti significa, infatti, lasciare una delega in bianco ad altri, che decideranno per noi, compiendo scelte forse contrastanti coi valori in cui crediamo e le cui conseguenze, magari, ricadranno pure sulle nostre teste.

 

Incuriosito da queste parole ho cercato di approfondire questi temi frequentando, al di fuori del lavoro,  un corso sulla “Cooperazione allo sviluppo” presso l’Università di Padova ed un cammino di formazione alla missionarietà presso i missionari comboniani di Verona.

Ho intrapreso poi due viaggi missionari, di venti giorni circa ciascuno, il primo in Guinea-Bissau, ed il secondo in Costa d’Avorio presso missioni stimmatine, per cercare di capire le cause dei problemi confrontando teoria e realtà,  e per vedere in che modo nel quotidiano io potessi dare il mio contributo.

 

In questi viaggi, sono stato colpito in particolare da una persona: Cristophe. Cristophe è un trentenne ivoriano, sposato e padre di tre figli. Vive in un paesino all’interno della giungla, in una piccola casa in terra battuta, che si è costruito da solo. Lavora un appezzamento di terra di proprietà dello zio di sua moglie, ricavandone un raccolto all’anno di cacao e caffé, e gli ortaggi ed i frutti che servono per garantire la soppravvivenza a sé ed alla propria famiglia. Non può farlo fruttare di più, perché ci vorrebbe più acqua e purtroppo lo Stato è povero e non può realizzare canali per irrigare i campi. Utilizza allora l’acqua piovana ed attrezzi che si presta in continuazione con gli altri parenti (aratro, ecc.). Quando ottiene un buon raccolto, riceve un reddito pari a circa novecentomilalire all’anno! Nonostante i prezzi in Costa d’Avorio siano bassi, un reddito simile gli permette di comperare al massimo ottanta chili di pane in un anno. Infatti il pane è considerato un alimento di lusso (l’alimento più diffuso è la radice di manioca, che ciascuno tiene nell’orto e dalla quale si può ricavare una specie di farina).

Purtroppo Cristophe e gli altri coltivatori non possono aumentre i prezzi dei loro prodotti, perché l’unico acquirente in Costa d’Avorio è la Nestlé, che così impone il prezzo che vuole, compra il caffé per poche lire, effettua la torrefazione e lo rivende a dieci volte tanto, perfino agli stessi contadini dai quali l’ha acquistato. Non ci vuole un economista per capire che questo meccanismo rende sempre più poveri i contadini ivoriani e svaluta la moneta locale.

Quando io ed altri quattro ragazzi siamo arrivati al paesino di Cristophe, egli doveva anche prendersi cura del fratello malato di AIDS e dei quattro figli di quest’ultimo. Cristophe ci ha raccontato che, l’anno prima, l’avevano portato all’ospedale ed i medici, riscontrandolo sieropositivo, gli risposero che la sua malattia era incurabile e lo rimandarono a casa perché non potevano farci niente, essendo privi delle medicine per l’AIDS, e di antidolorofici sufficienti per tutti i malati. Così, dopo due giorni dal nostro arrivo, il fratello di Cristophe morì, senza avere saputo di che cosa moriva, senza le medicine che avrebbero potuto salvarlo e senza gli antidolorifici che ne avrebbero alleviato le sofferenze.

Nonostante questa triste situazione, ed i numerosi impegni, Cristophe si divideva fra il lavoro nei campi, l’assistenza al fratello, e l’accoglienza nei nostri confronti, manifestataci con l’aiuto che ci dava, per metà giornata, al lavoro di manutenzione presso la scuola materna del paese e venendo a trovarci assieme alla famiglia alla sera. Come se non bastasse, l’ultimo giorno ha fatto una colletta con la comunità cristiana locale, e ci ha donato un pollo per ringraziarci di essere venuti a trovarli.

Notando che non faceva tutto questo per interesse, perché non ci ha chiesto niente in cambio, nemmeno l’indirizzo, gli ho detto che dalle mie parti un uomo con la metà dei suoi problemi non si sognerebbe nemmeno di prendersi cura degli ospiti o di fare volontariato alla scuola materna.

Lui è rimasto più stupito di me, e mi ha detto “Ma come?! Siete voi europei che ci avete insegnato con i missionari che nel vangelo sta scritto di non preoccuparci di cosa mangeremo e di come vestiremo, ma di cercare il Regno di Dio, perché tutto il resto ci verrà data in più, in questa o nell’Altra vita”.

 

Tornato in Italia ho riflettuto su queste esperienze ed ho capito che dedicavo troppo tempo al lavoro e me ne rimaneva troppo poco per informarmi e pensare se e come potevo fare qualcosa per aiutare persone come Cristophe.

 

Pertanto ho deciso di rinunciare a fare straordinari al lavoro, rendendomi conto che potevo sopravvivere anche con la paga normale. L’ente per cui lavoro ha assunto poi una collega in più nel mio stesso ruolo.

Nel tempo libero ho iniziato a fare la spesa in negozi del commercio equo e solidale, che garantiscono una paga dignitosa ai contadini del Terzo Mondo. Negli stessi negozi ho iniziato a leggere riviste come “Nigrizia”, “Altreconomia”, dalle quali sono venuto a sapere che la banca, alla quale mi appoggiavo col conto corrente, serviva da appoggio ed aveva investito i miei soldi, seppur legalmente, in azioni di aziende che producevano le mine antiuomo che vidi in Guinea-Bissau. Contemporaneamente ho appreso che esiste una Banca Popolare Etica, che investe principalmente in progetti di sviluppo e solidarietà eco-compatibili e rifiuta depositi o prestiti che provengano dal commercio anche legale di armi. Ho chiuso allora il mio conto con la banca precedente e ne ho aperto uno presso Banca Etica.

Nel negozio del commercio equo e solidale ho acquistato la “Guida al consumo critico”, dove sono elencate le aziende che come la Nestlé lavorano senza preoccuparsi delle condizioni dei lavoratori, e quelle che assieme al profitto stanno attente anche alla tutela dei diritti delle persone e dell’ambiente.

Ho iniziato a regolare i miei acquisti tenendo conto anche dell’eticità del comportamento delle aziende.

Rendendomi conto che appartengo a quel 20% della popolazione mondiale che consuma l’80% delle risorse del pianeta, e che se anche i paesi del Terzo Mondo consumassero quel che consumiamo noi, non ci sarebbe da mangiare, né da vestire, né combustibile per tutti, ho iniziato a ridurre i miei consumi (comprandomi vestiti solo quando servono e non ogni volta che cambia la moda, utilizzando l’auto solo quando necessaria, ecc.).

Poi, in collaborazione con alcuni miei amici, per cercare di far conoscere queste realtà, abbiamo iniziato ad organizzare conferenze a livello parrocchiale e vicariale, e seminari formativi presso alcune scuole medie.

 

Mi rendo conto che io ed i miei amici siamo poco influenti e che servono anche e soprattutto interventi politici internazionali per migliorare il mondo.

Ma non vi sembra, però, che dire “Non ci posso fare nulla!”, oppure “Non spetta a me risolvere questi problemi” siano risposte degne di un Ponzio Pilato dei giorni nostri?

Io penso che il mondo sia un insieme di individui, ed uno di questi circa sei miliardi di individui siamo ciascuno di noi. E se ciascuno di noi si impegnasse a migliorare se stesso, alla luce dei valori in cui crede, già avremmo migliorato una piccola parte del mondo. E se contemporaneamente aiutassimo una persona che ci è accanto a divenire autonoma, ad autorealizzarsi, dandole magari semplicemente quel supporto morale, quella fiducia, quel sentirsi accolta che è fondamentale per essere in condizione di mettere a frutto i propri talenti? E se questo altro fosse una persona in difficoltà (ad esempio una persona del sud del mondo, oppure un vù cumprà col quale abbiamo scambiato due parole sul cancello di casa, oppure un familiare triste, o un anziano solo, ecc.)? Allora forse il mondo comincerà a migliorare dal basso, senza aspettare che il cambiamento venga dall’alto di chi governa la politica o l’economia.

La società, infatti, si può paragonare ad un albero. Anche se dall’alto scende la pioggia ed il sole, l’albero fa tanta più fatica a crescere quanto più ogni singola, piccola radice rinuncia a succhiare quella parte di sostanza nutritiva che le compete.

Gesù parlando a molte persone diceva “Voi siete il sale della terra!”, ma se quelle persone le avesse incontrate singolarmente, e se fra di loro ci fosse stato uno di noi, credo che ci avrebbe chiamato per nome e ci avrebbe detto “Tu sei il sale della terra!”.

 

Concludendo credo che il primo passo da fare sia ritagliarsi del tempo per tenersi informati, anche attraverso fonti alternative alla TV o alla grande stampa, ascoltando anche quelle che si rifanno a correnti di pensiero diverse dalla nostra, per sentire tutte le campane ed elaborare un nostro giudizio autonomo.

Dopo di questo possiamo decidere se non fare nulla o cambiare qualcosa nella nostra vita, e cosa fare in specifico, sulla base delle nostre risorse.

 

Padre Paolo Bagattini (prete stimmatino, che ho avuto la fortuna di conoscere), in alcune sue riflessioni suggerisce che “... soprattutto chi ha strumenti culturali a disposizione è moralmente tenuto ad approfondire le sue conoscenze e diffonderle, ad elaborare progetti, secondo la sua vocazione personale.

 

... Se si vuole avere sensibilità per gli altri bisogna non essere ingozzati di cose, inseguire

 miti di consumo sempre nuovi, riempirci la testa di voglie. Occorre imparare uno stile di vita sobrio, fatto di cose essenzialì, di un buon gusto semplice ..... Una parte dei nostri soldi è sottratta ai nostri fratelli, occorre restituirla. Tutti sappiamo delle rapine fatte all' Africa ai tempi dello schiavismo e della colonizzazione. Cè poi il monito dei Padri della Chiesa : "Se hai due vestiti nell'armadio e tuo fratello è nudo sulla strada, ricordati che quei vestiti sono suoi". Si trovino le maniere più adatte. Occorre incidere sul portafoglio ma in maniera sistematìca e continuativa.

 

 .... Occorre sostenere a livello economico e politico i paesi più poveri. Si sostengano quei partiti e quelle iniziative legislative che fanno avanzare il mondo, come la proposta di togliere i dazi di importazione in Europa per le merci provenienti dai paesi più poveri.

 

 

 ..... Sarebbe un controsenso essere tanto sensibili aIl’Africa e non occuparci dei problemi degli Africani a casa nostra. Ci sono migliaia di immigrati da noi in condizioni precarie. Oltre il discorso sulla clandestinità che occorre pur affrontare, occorre impegnarsi a contribuire a risolvere i problemi dell'ìmmigrazione.

 

.....

Prendersi a cuore i problemi degli altri non vuol dire ricevere automaticamente consensi, successo, gratitudine. Lo sì fa perché ci si crede, perché si ama, perché non si può non farlo.

 

 .... Che cosa possiarno fare? E’ la domanda classica che si pone. Queste sono solo alcune provocazioni che aprono strade dì possibile impegno. Ciascuno trovi in se stesso la sua strada!

                                                                                                                                            M. P.

 

(per informazioni sul commercio equo e solidale, riviste e libri, Banca Etica, si può telefonare alla Coop. “La Rondine” di Verona, al n. 0458013504)