Dal GIM di TRENTO...

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 "La vita è bella", anzi... stupenda quando c'è il desiderio di stare insieme e condividere un fine settimana nel calore dell'abbraccio di Dio!  Film migliore non si poteva proporre per salutare i nuovi e vecchi Gimmini che si sono ritrovati sabato sera con tanta voglia di (ri)cominciare un anno insieme!!! E così, accolti dai sinceri sorrisi contagiosi di sr. Maria Pia e di p. Mosé, interrompendo a fatica i racconti e gli aggiornamenti d'obbligo dopo un'estate che per molti ha significato anche un periodo di volontariato, siamo (ri)partiti alla grande, immergendoci nella visione del film di Benigni che non finisce mai di stupire per la drammatica semplicità con cui riesce a raccontare uno degli avvenimenti più insulsi della Storia: lo sterminio degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale

    Il valore e il significato del silenzio, una possibile chiave di lettura del film in questione, a nostro avviso, ha fatto poi da filo conduttore nella giornata domenicale, quando il gruppone degli old-GIM-people ha dato il benvenuto alle numerose new entry di quest'anno, che si preannuncia ricco di partecipazione (eravamo più del doppio rispetto ai primi incontri dell'anno scorso!!).

    Già, il silenzio, così difficile da trovare nella quotidianità, distratti dai nostri impegni di studio o di lavoro, dalla chiassosa e simpatica compagnia di chi condivide le nostre giornate. Lo abbiamo riscoperto domenica mattina dopo il momento di catechesi, che ha avuto come argomento i primi due capitoli dell'Esodo, nei quali si ricorda l'oppressione degli Ebrei da parte degli Egiziani, la nascita e la successiva fuga di Mosè in Madian, in seguito all'omicidio da lui commesso in difesa del suo popolo.

    "Quando mi nomini, non ci sono più" disse nel film l'ufficiale tedesco nel momento in cui salutò l'amico ebreo proponendogli, come sua abitudine, un indovinello. E silenzio, la risposta al quesito, fu anche quando Benigni nel campo di concentramento, in un momento di estrema difficoltà si rivolse a chi pensava lo potesse aiutare.  Il silenzio rappresentò per il tedesco una sorta di fuga da quella realtà in cui la guerra lo aveva fatto precipitare. La pazzia, nella quale si era rifugiato per estraniarsi dalla crudeltà ingiustificata ai danni degli Ebrei è forse paragonabile alla fuga di Mosè dal faraone: entrambi, infatti, hanno paura, non sanno cosa fare, non sanno come comportarsi. Fuggendo fanno finta che ciò che è successo non li rigurdi; ma non è certo non parlando, non nominando certe situazioni o peggio ancora non affrontandole che queste scompaiono.

    Pensiamo che chiunque quest'estate abbia dedicato un po' del proprio tempo libero ad un' esperienza di volontariato, senta il desiderio di comunicarla agli altri, non certo per raccogliere complimenti, ma per informare di certe situazioni che se proprio non si possono risolvere, almeno si possono migliorare. La nostra difficoltà,  però, al rientro da questo periodo dedicato soprattutto agli altri, è di ritrovare la luce che allontani quelle "notti del mondo" che tentano di farci credere di essere troppo piccoli o troppo in pochi per  osare soltanto di affrontarle. Mi consola il fatto di poterci riconoscere in Mosè, in questa sua incapacità iniziale di reagire che lascia posto alla fuga. Alla domanda provocatoria (poteva essere altrimenti?) di p.Mosè "da cosa vuoi uscire?", la risposta è stata: da questo desiderio di fuga, di alienazione per metterci in silenzio, quello necessario per riflettere, per capire, per ASCOLTARE il silenzio di Dio che, sempre citando il film, "è il grido più forte".

    Sarà proprio grazie a questo silenzio che Mosè giungerà al monte di Dio dove avverrà l'incontro tra un uomo in ascolto e la Parola e che gli permetterà di diventare il liberatore del popolo ebreo, mentre nella finzione cinematografica il generale tedesco, assordato da un silenzio sterile, appare come lo sterminatore dello stesso popolo.

Un salutone a tutti i GIM e buon anno!!

                                                                Patrizia e Alberto