Domenica 7/10/01 

- Il coraggio di Osare -

Testimonianza di P. Daniele

 

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Nonostante l’abbiocco post-pranzo e la stanchezza del primo GIM, l’attenzione  e il coinvolgimento era alle stelle.

E non solo tra noi novellini ma anche tra i tanti ex-GIM1-2, i giovani dei campi estivi e gli amici di Padova e non, accorsi in massa per salutarti, condividere l’eucarestia e augurarti buon cammino.

Certo che di strada ne hai fatta tanta, con le scarpe (diventati sandali), la testa, il cuore, ma soprattutto con Gesù!

La prima impressione che ho avuto all’inizio della tua testimonianza è che non fossi il solito grande Daniele, “tutto d’un pezzo” , ma che fossi molto emozionato ( l’ hai ammesso) e molto commosso.

Ti sei “messo a nudo” e hai portato, con gioia e umiltà, la tua esperienza di discernimento vocazionale.

Tu che da discotecomane sfegatato (camicia da fighetto e auto rombante), diplomato alle serali, impiegato presso una ditta e morosato, quasi digiuno di religione e di messe, hai sentito che cercavi relazioni più profonde e che volevi metterti al servizio degli altri. Certo non è stato facile né immediato ma “nella vita, se non fai sacrifici, non vai da nessuna parte”!

Quante “crisi di senso” hai avuto, non stavi bene dentro, avevi bisogno di pensare, talvolta piangere: cercando gli altri cercavi di capirti e di appagare il tuo bisogno di sperimentare.

Dapprima, da Castiglione Olona (nel Varesotto) sei approdato a MANITESE, fondando, con altri amici (Luca…) la sede di Gallarate, da qui a NIGRIZIA e all’incontro rivelatore con Alex e con una fede che va oltre l’esteriorità e i riti.

Hai iniziato a interrogarti sul senso della tua vita, hai riscoperto progressivamente e in modo talvolta conflittuale la parola di Dio, la preghiera, il silenzio.

I banchetti, le campagne e i progetti di MANITESE ti hanno aperto gli occhi ad un “altro mondo”, colpito la tua coscienza critica e formato la tua sensibilità. Ma, da soli, ti stavano stretti.

Così come non ti bastava più l’amata Lorena e, dopo tre tentativi, hai finalmente lasciato lei, il tuo lavoro, la tua famiglia, la tua “povera” mamma, gli amici e la vita lombarda: non è stato un addio né un rinnegamento totale ma un arrivederci e una conversione.

E sei approdato dai combo. Dai combo hai trovato, uniti, l’impegno attivo e il meditare, il vivere concretamente nella testimonianza reciproca. Hai trovato persone (padri spirituali) con cui parlare di te, cogliere i doni che il Papi ti ha dato e rileggere la tua vita con gli occhi della fede.

Hai scoperto la gioia di fare e donarsi per Qualcun altro.

Prima Roma da postulante, ma le “sudate carte” non facevano per te. Poi, “rapito” da Comboni e da Alex nel “casino” di Korogocho dove hai preso i voti e dove, ora, dopo 5 anni di vita vissuta a Padova con e per i giovani, finalmente torni. “Certo che mi costa partire e che mi è piaciuto stare qui ma sento che l’Africa è il mio sogno che si realizza, la mia strada e il mio modo di esserci”.

Ci spieghi che osare qualcosa vuol dire sapere guardare oltre, rischiare, esporci, giocarci, non accontentarci, confidando e affidandoci al Papi, anche quando si ha il buio davanti e non si vede il dopo.

“SE UNO SENTE QUALCOSA DI BELLO E GRANDE CHE STA COSTRUENDO INSIEME CON DIO, NESSUNO LO FERMA”.

La fede che hai maturato, come tu dici, è condividere la vita con gli altri, ascoltarci e confrontarci a vicenda, avere fiducia, pregare e scegliere.  La solitudine è una dimensione profondamente umana e “SOLO-INSIEME” si costruisce qualcosa di bello.

Ci esorti a interrogarci su chi siamo, cosa vogliamo, quali sono i nostri sogni e come li stiamo portando avanti. Ci esorti a donarci agli altri con passione e a crederci, nonostante le possibili critiche e calunnie in cui si può incappare.

PERCHE ‘ KOROGOCHO???

Perché la baraccopoli è il futuro della missione, è la scelta dei poveri, dei più poveri che lottano per sopravvivere. “Il mio sogno più grande, ci dici commosso, è che Korogocho non esista più. Dobbiamo impegnarci a cambiare i nostri stili di vita reciprocamente, perché i primi a pagare sono i più poveri. C’è bisogno di tutti”.

 

Durante la messa, rifacendoti alle letture, ci lasci le fatidiche 3 parole:

1)     SCADENZA:

“certo che verrà e non tarderà” (Ab.1, 2-3; 2, 2-3). La storia siamo noi e noi apparteniamo a Dio, Lui ha bisogno di noi, delle nostre mani e dei nostri piedi. Ci dobbiamo interrogare su chi e cosa crediamo veramente e ascoltare la Sua voce, nella certezza che Lui sta portando avanti per noi qualcosa di grande!

2)     DONO DI DIO CHE E’ IN CIASCUNO DI NOI

Non coltiviamo la timidezza ma l’amore, la forza, la saggezza. Come ci sprona  S.Paolo: soffriamo anche noi con te per il vangelo, aiutati dalla forza di Dio (2 Tm 1,6-8.13-14).

3)     SERVI INUTILI (Lc 17,5-10)

Abbiamo fatto solo quanto dovevamo fare nella scelta che il Signore ha scelto per noi. Cantiamo la libertà interiore di saper scegliere e soffrire per chi non ha vissuto questa libertà.

E, mentre nelle invocazioni, Daniele, ci chiedi e senti la nostra amicizia e le nostre preghiere (dato che ciascuno esiste perché c’è qualcun altro che lo sostiene), ci rinnovi il tuo augurio perché la nostra sia una vita vissuta alla grande e perché ci trasformiamo in fuoco vivo che va verso gli altri.

 

Grazie “grande” Daniele!

SEMPRE UNIDOS NA LUDA PELA VIDA

 

 

 

Chiara, Legnano