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I coniugi Quattrocchi

I coniugi Quattrocchi
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a cura di Chiara
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Luigi Beltrame Quattrocchi
(1880 – 1951)
e Maria Corsini
(1884-1965)
si sposano a Roma il 25 novembre 1905.

Da questo momento iniziano, insieme, un sincero e profondo cammino di vita e di fede che li porterà alla proclamazione di “beati” da parte di Papa Giovanni Paolo II (21 ottobre 2001).

 

 

 

Nella loro vita semplice e ordinaria, ma ben radicata nella realtà socio–politica del tempo, spiccano la coerenza educativa e l’attenzione vivissima di Luigi e di Maria nei confronti dei loro quatto figli: Filippo, in seguito don Tarciso, nato nel 1906; Stefania, poi suor Cecilia, nata nel 1908; Cesare, poi p. Paolino, nato nel 1909 ed Enrichetta, nata nel 1914, che rimarrà sempre accanto ai genitori. Nel 1952 Maria annota nel suo scritto Radiografia di un matrimonio:

 

"Dalla nascita del primo, ci demmo ad essi, dimenticandoci in loro. Le prime cure, i primi sorrisi, le risatine gioiose, i primi passi, le prime parole, i primi difetti che si manifestavano preoccupandoci. Studiammo libri di pedagogia infantile, cercammo di migliorarci noi, correggendo difetti, moderando il carattere, per amore di loro. Facemmo sempre in modo che si divertissero fra loro, senza che altri - non curati così - potessero guastare il nostro, certo imperfettissimo, ma scrupoloso lavoro. Poi la scuola. Poi lo scoutismo che ne continuava, completandola, la formazione e li preparava alla vita. Li vegliammo di giorno e di notte, gelosi che elementi mercenari potessero in qualche modo offuscarne le anime. Sentimmo che avevamo una tremenda responsabilità di quelle anime di fronte a Dio stesso che ce le aveva affidate, alla Patria di cui volevamo farne amorosi figlioli. Li allevammo nella fede, perché conoscessero Dio e lo amassero. (…) Avremmo indubbiamente sbagliato tante volte, perché "l'arte delle arti" non si esercita senza serie difficoltà. Ma una cosa è certissima: come un'anima sola, aspirammo al loro migliore bene, rinunziando a tutto ciò che poteva portare qualche danno ad essi, anche se doveva costarci qualche privazione. Ma la gioia della dedizione compensò largamente tutto il resto, poiché è gioia divina.”

 

Il figlio, padre Paolino, ormai ottantenne, osserverà che questa attenzione ai principi di fondo non intaccava il clima di serenità nella famiglia:

 

"Ho un ricordo rumorosamente lieto della nostra casa. L'atmosfera era gioiosa, priva di bigottismo o di musoneria".

 

Enrichetta, a sua volta, metterà in luce l'intenso rapporto di affetto e di comprensione esistente tra i genitori:

 

"E' ovvio pensare che possano essersi verificate talvolta delle divergenze di opinione o di apprezzamento, ma noi figli non abbiano mai avuto modo di constatarle. Gli eventuali problemi li risolvevano tra di loro, con il dialogo, in modo che una volta concordata la soluzione, il clima rimanesse sempre sereno e armonioso".

 

La vita matrimoniale di Luigi e Maria è caratterizzata da uno sforzo continuo di amarsi nel rispetto del vincolo sacramentale, da un forte impegno educativo, dalla capacità di incarnare le virtù evangeliche perché siano di esempio per i figli.

La loro vita di spiritualità con e per la famiglia, la loro perseveranza per affermare la soggettività sociale dei nuclei familiari, fanno sì che i coniugi avvertano profeticamente la necessità di un impegno sociale da parte delle organizzazioni cattoliche. Maria, ad esempio, viene chiamata a militare fra i Responsabili dell'Azione Cattolica Femminile ed entrambe i coniugi vogliono collaborare agli sviluppi educativi del metodo scout, cercando anche di diffonderlo e farlo crescere. Mentre Luigi si impegna attivamente nel servizio scout, la moglie Maria in modo più indiretto si interessa agli sviluppi educativi, prendendo parte a incontri, conferenze, corsi, riunioni di famiglia, scrivendo articoli e facendo conoscere la nuova associazione.

Luigi, uomo laico-cristiano, vive le vicende piccole e grandi del suo tempo nella sua esistenza di sposo, padre e professionista alla luce di Dio, contribuendo alla promozione umana e spirituale del proprio ambiente; inoltre dimostra che il seguire Gesù e il Vangelo con il dono totale di sé è l'espressione più piena e autentica del cristiano, chiamato a realizzarsi secondo il progetto di Dio, nella fedeltà di una risposta d'amore senza riserve.

Maria, sposa e madre di famiglia, getta le sue reti nel mare dell’amore di Dio e del prossimo. Sa generosamente confessare Cristo in ogni circostanza della sua vita, lasciando che Dio traspaia con naturalezza in lei.

Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, con la loro vita, con le loro opere, con il loro esempio, con i loro scritti, con la coerenza della loro storia coniugale e familiare, contribuiscono davvero a "costruire la Chiesa".

 

http://www.erreddi.it/fdn/storiabeltrame.htm

Un’aureola per due

Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi

Brano teatrale scritto da Maffino Redi Maghenzani

ispirato e tratto dal testo di Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese

“Un’areola per due” (Città Nuova Editrice, Roma 2001).

Il testo teatrale è stato pubblicato nel libro degli stessi autori;

Lei & Lui. Comunicazione e reciprocità, Effatà, Torino 2001.  

Le musiche di accompagnamento sono scelte o composte dal M0 Giacomo Danese.

 

 

Parte prima 

Narratori

Voce m. - In genere non si ama una letteratura che si occupa di amori senza turbolenze e di sereni quadretti familiari; dall’aria che tira sembrerebbe che una storia d’amore possa attrarre solo se ha i colori accesi delle passioni; mentre l’interesse sembra spegnersi se una coppia di innamorati si trasforma in una famiglia, se lo straordinario diviene ordinario, salvo poi scoprire come da un’ardente e fedele promessa d’amore possa nascere una poesia innervata di divino irradiante tale fascino da innamorarti l’anima.

Voce f. - Un uomo e una donna

Voce m. - Maria Corsini, fiorentina

Voce f. - Luigi Beltrame Quattrocchi, catanese

Voce m. - A Roma, inizio ‘900

Voce f. - Due famiglie amiche della media borghesia

Voce m. - Amicizia che diviene per i due ragazzi occasione d’incontro

Voce f. - Incontro che dà avvio e sviluppo a una storia d’amore traboccante di vita che ignora la routine, gli usi codificati, una religione sbiadita.

Voce m. - Maria è figlia unica con un innato gusto per il bello e il vero.

Dante, Shakespeare, Comeille, Racine, Lamartine, Leopardi, Manzoni fino a Trilussa e il Belli. Apprezza Edoardo de Filippo, ama il teatro, concerti, musica, studia pianoforte sommandolo all’attività letteraria.Terreno fertile per la fede. 

Voce f. - Luigi.

Formazione classica, Giurisprudenza, ama i classici del trecento, su su fino al novecento, e i migliori esponenti della letteratura latina, greca, russa, inglese e francese.

Ama viaggiare, la natura, l’arte.

Humus fecondo e preparato per l’incontro con la futura compagna di viaggio docile terreno alla fede che Maria saprà in lui, genialmente, coltivare.

Voce f. - Luigi nasce il 12 gennaio del 1880

Voce m. - Maria quattro anni dopo: 24 giugno 1884

Voce f. - A portare con sé il dono dell’amore è comunque il nuovo secolo: il 1900

Voce m. - I ragazzi s’incontrano durante i ricevimenti di famiglia

Voce f. - I primi dialoghi, i primi incontri

Voce m. - 15 marzo 1905, Roma, casa Corsini: mentre Maria al pianoforte è alle prese con Beethoven, i due passano dal lei al tu.

Voce m. - Luigi:

“…non mi sembra oggi possibile che io ti abbia chiamato ‘signorina Maria’... ma tu non sapevi che Gino era già tuo.

Gino voleva lasciarlo crescere il suo amore, voleva vedere come veniva su e, da quello scetticone che era, voleva studiare se stesso e colei che gli aveva preso il cuore.

Ed ecco il momento sublime in cui il tuo Gino balbettò la prima parola d’amore, mentre la tua mano s’illanguidiva sulla tastiera indugiando alla sonata di Beethoven...”

Voce f. - Maria e Luigi considerano l’ora della posta, come il momento magico della giornata: era telefono-cellulare-e-mail e quant’altro oggi si possa pensare. Scrivono almeno una volta al giorno.

Scrivere, ricevere la lettera, aprirla, leggerla dalla prima all’ultima parola tornando e ritornando su talune espressioni: rito sacro d’amore nascente; liturgia che li accompagnerà per tutta la vita rubando tempo al sonno: a notte fonda o all’alba.

Voce m. - Le lettere pian piano passano dai ‘cordiali saluti”, “ti stringo le mani , ai “baci consegnati in un punto preciso della lettera” dove possono essere raccolti e contraccambiati

Voce f. - Il pudore è un velo: mantiene intatti i profumi e per le espressioni più tenere usano “il velo” dell’inglese:

Voce m. - (la voce maschile recita in inglese a voce alta, contemporaneamente la voce femminile, lievissima, lontana, in sussurro, recita in italiano):

“I have put a kiss so warm as my love: the thought that you shall take il with your adored lips give me a moment of happiness”

vi ho messo un bacio caldo come il mio amore, il pensiero che tu presto lo riceverai... mi dà un momento di felicità

Voce f. - (voce femminile alta, maschile in sussurro):

“I kissed that flower I keep always with me, and I seemed to kiss your own lips, so great a passion I put in it”

Ho baciato questo fiore che porto sempre con me e mi sembrò di baciare proprio le tue labbra.

Voce m. - (voce maschile alta, femminile in sussurro) “How many times I told to you that without your love I am not a man, bat a rniserable thing without life. And I always think so. Certainly it is not a sign of strongness but it is so: only your love can give to me the force of living”

Quante volte ti ho detto che senza il tuo amore non sono un uomo, ma una cosa triste senza la vita. Certamente ciò non è segno di forza, ma è così: solo il tuo amore può darmi la forza di vivere.

Voce m. - 8 mesi di fidanzamento, poi il matrimonio celebrato nella basilica di Santa Maria Maggiore il 25 novembre 1905.

Voce f. - Nonna Enrichetta ricama 8 metri di pizzo Renaissance per l’abito di Maria.

Voce m. - Viaggio di nozze a Napoli. Taormina, Catania e Palermo

Voce f. - Ha inizio così la vita a due con gli inevitabili distacchi per impegni e lavoro

Voce m. - Le parole delle loro lettere passeggiano sul ponte del reciproco amore unendo le due sponde trasfondendo l’uno nell’altro intimi convincimenti.

Voce m. - Maria, in particolare, comunica a Luigi la sua profonda esperienza di fede, e lo coinvolge.

Voce f. - Maria - “Usciti di Chiesa mi dava il buongiorno come se la giornata avesse il ragionevole inizio soltanto allora.

Poi lui al suo lavoro, io alle mie occupazioni, ma portando incessantemente la presenza l’uno dell’altro. Ci ritrovavamo all’ora del desinare...con quanta gioia udivo metter la sua chiave nell’uscio di casa, ogni giorno…

…e alla sera parlavamo di tutto: politica, professione… le sue impressioni erano acute e benevole, sempre. La cena. Il giornale letto a voce alta e discusso. Qualche brano di libro ameno, il rosario in comune, la buona notte…”

Voce m. - Nel 1906 nasce Filippo...

Voce f. - Maria - Il piccino sta bene, quando gli ho fatto vedere il tuo ritratto, senza dirgli nulla, ha cominciato a baciarlo e poi lo dava a me perché facessi altrettanto, poi col ditino ti indicava e diceva pa-pà, pa-pà”.

Voce m. - Quando Filippo ha 11 mesi Maria avverte i segnali di una nuova imprevista maternità. Luigi è lontano per lavoro. L’assale un sentimento di sgomento e di solitudine.

Voce f. - Maria:

“Un’altra maternità.

E così ravvicinata!

Cosa darei perché non fosse vero! Quando arriverai Luigi? Torna presto!

Oh, se tu fossi qui!

Voce m. - Prima che Luigi possa esserle accanto e sostenerla, Maria decide comunque in cuor suo... sola.., il suo SI.

Voce f. - Arriva Stefania, Fanny, poi è la volta del terzogenito, Cesarino.

Maria, insieme ai bambini, accudisce i genitori e i nonni che abitano nella stessa casa.

Voce m. - Luigi avvia la carriera professionale con responsabilità in vri Ministeri, poi Consulente Legale IRI, fino alla proposta di Degasperi che lo avrebbe voluto Avvocato Generale dello Stato…

Voce f. - Ma è il 1913 a segnare uno spartiacque per la famiglia.

La quarta gravidanza fila dritta fino al quarto mese, poi l’imprevisto, e i medici danno l’aut aut: interruzione della maternità se si vuol “tentare” di salvare “almeno” la madre.

Gli occhi di Maria, diafana e anemizzata, s’incontrano con quelli impietriti di Luigi.

Due, un unico sguardo, verso quel crocefisso appeso alla parete.

Due anime, un unico NO, fermo, inequivocabile

Voce m. - Medico:

“Ma si rende conto, avvocato, che lei resterà vedovo con tre bambini!?”

Voce f. - Il “NO” pesa come una cappa di piombo

Voce m. - Quattro mesi d’indicibile trepidazione e di illimitata fiducia in Dio e nella Vergine

Voce f. - Dentro il bozzolo (angoscia, fede, sospensione, speranza) il divino li impregna nell’intimo fino all’abisso dell’io e del tu, dell’uno e dell’altra, aprendoli in nuovissimo volo...

Voce m. - Vede la luce Enrichetta, la figlia che assisterà i genitori fino alla loro morte.

Voce f. - sotto l’incandescente morsa della prova e della grazia, i due si fondono in nuova armonia: acini pigiati/ grano macinato/ pane profumato e offerto.

Parte seconda

Maria e Luigi

Luigi - Maria, di certo tu non stai bene, o fisicamente o moralmente, perché se no, donde questo mio accoramento terribile? Questo mio parossismo di dolore? Quando mai un cuore amante sbaglia?

Maria - Gino mio, io non so dirti cosa sento nell’anima di te e per te.

Gesù solo può manifestartelo se te ne rendi degno con l’amore e con la fede in Lui e in chi Egli, amorosissimamente, ti ha messo vicino.

E’ l’anima della tua Maria che ti parla così.

Vorrei che queste pagine ti facessero sentire ciò che sento scrivendoti…e anche senza scriverli...

Luigi - Mi pare d’udire le tue dolci parole d’amore…come uno spirito che m’aleggia d’intorno, lo spirito tuo affettuoso e carezzevole.

Maria - E proprio oggi tu mi scrivi di sentirmi, mi assicuri di sentirti sempre lo spirito mio che ti aleggia intorno.

Vedi, amore, che coincidenza bella?

Quante volte, Gino, proviamo una meravigliosa coincidenza nei pensieri, negli atti, nel nostro stato d’animo...

Maria - Gino ti prego non lasciarti prendere dall’ansietà del lavoro: nuoce alla tua salute fisica e spirituale.

Si lavora con rapidità quando l’ala della confidenza calma, cheta, serena, ci porta sotto l’occhio amatissimo di Dio.

Luigi - Sono ancora un po’ cattivo, Maria; l’opera benefica del tuo amore non è ancora compiuta; forse il tempo non è stato ancora sufficiente.

Ma io ho un’assoluta fede nella sincerità purezza squisitezza del tuo amore.

Maria - Ti raccomando l’unione con Dio, Gino; il Suo richiamo,spesso, ad interrompere la febbre del lavoro.

Luigi - Soto la tua carezza, l’anima mia, che è tua, tutta tua, diverrà gentile, ne sono sicuro, già mi sento migliore.

Maria - Non mi fai alcun cenno sulle mie raccomandazioni a proposito dell’ansia del lavoro..., sai, non v’è differenza, in questo piano, tra Abbadessa e portinaia, tra Arcivescovo e curato di campagna, tra generale e soldato... anche il minimo gesto di chiudere piano la porta, raccattare uno spillo, prevenire un desiderio.., tutto, tutto e importante per la santità.

Luigi - Ti sono grato, Maria, il tuo amore mi incoraggia alla vita e alle sue lotte.

Maria - Credi a me Gino mio: è più saggio sopportare questi piccolissimi dolori che gridar contro essi... tutti questi microscopici sacrifici non sono che un continuo ingentilimento dell’esser nostro, benefica smussatura agli angoli del carattere.

Gino - Tu sei la mia fata benefica; tu mi salvi l’anima dallo scetticismo.

Amami sempre così, Maria, e troverai nel mio affetto e nella devozione mia ogni maggior conforto che amore d’uomo possa dare poiché a te ho dedicato, consacrato tutta la vita mia.

Maria - Ti voglio bene, Gino, perdona alla tua Maria le sue debolezze e vedrai: sforzandoti di contentarla andranno svanendo da sé, e ti sarà grata d’averla contentata come lo hai promesso tante volte e anche mantenuto.

Gino - La mia anima, ha bisogno della tua anima per vivere.

Maria - Sì, ma tu devi tornare presto! Se non vieni presto mi trovi... squagliata.

Gino - Corro da te come un bambino si rifugia in grembo a sua madre.

Maria - Giurami su quanto hai di caro al mondo che mai mi scriverai per forza... se riceverò una lettera, anche una sola: fa che possa goderla tutta, divorarla come l’emanazione sincera e spontanea dell’anima tua...

Gino - Ho sempre tanta sete delle tue parole: mi fanno bene all’anima.

Maria - Gino mio adorato non sono capace d’esprimerti l’amor mio, come tu fai tanto bene.

Ti dico solo che affetto più grande, più complesso, non può esistere. Mi vado ripetendo: quanto sei buono, quanto sei migliore di me!

E di tanto in tanto penso: “Gino mio in questo caso come farebbe? O come vorrebbe io facessi?”

Gino - Non so cosa farei per vederti sempre serena, perché di tutto so darmi pace fuorché del tuo dolore che diventa subito mio e il mio maggior dolore.

Maria - Mia madre, vedi, è per me quello che la terra è per i fiori, ma ci voleva il calore del sole e questo è il tuo amore santo e forte. In tutto ciò che è bello santo divino, io vedo qualcosa di te, mi par quasi che tutto ciò sia tale per virtù dite, amore mio.

Per esso... ti benedico… con gratitudine eterna.

Parte terza

 I figli

Figlio - Mamma teneva molto alla casa ne aveva una speciale cura, soprattutto per la sala da pranzo, luogo dove più si stava assieme: usava tutta la sua fantasia per renderla bella, accogliente.

Figlia - Mamma in casa si muoveva come una regina, col suo re accanto e la corona di noi figli attorno.

Figlio - Quando capitava l’amico dell’amico, bastava aggiungere un piatto. “Ospiti, sempre e chi più ne ha, più ne metta!”

Durante la guerra si può dire che non c’erano in casa meno di due ricercati alla volta.

Figlia - Per un periodo abbiamo accolto anche 3 bimbe i cui genitori erano morti d’epidemia.

Figlio - Da casa nostra è passata la più diversa tipologia di gente ma papà e mamma sapevano creare un clima coinvolgente e se volava qualche parola in più, papa si (verso) ‘raschiava la gola’ e ,, “Beh, beh, non cominciamo a mormorare”: interrompeva sempre il discorso.

Figlia - “Luigi, è venuto il tale a chiedere.. quanto gli do? Cinquecento o mille?

Figlio - “Mille, mille! E’ sempre meglio abbondare coi poveri”...

Papà a ogni fine mese rientrava in casa con la busta dello stipendio che consegnava interamente a mia madre,..

Lo faceva con una certa solennità, chiedendo poi a lei il minimo indispensabile per le piccole spese personali.

A me sembrava sempre un rito.

Figlia - Se mamma era la depositaria, entrambi costituivano il consiglio d’amministrazione… sobrio e oculato, sempre. Economicamente non mancavano le possibilità, eppure c’era sobrietà: non si compravano scarpe o abbigliamento se c’era la possibilità di risuolare o ‘rivoltare’ gli abiti: nessuna firma, ma buon gusto sempre, e fantasia.

Figlio - Dedicavano una cura speciale alle vacanze, insieme: creative, l’ri-creative, sportive, culturali... indimenticabili.

Figlia - Credo di dovere in gran parte di quel poco che so, e che mi fa passare per persona colta, proprio alle interessantissime conversazioni fra noi.

Le discussioni si accendevano anche, ed io ammiravo in papà e mamma la competenza, l’apertura e una geniale capacità di risolvere ogni problema alla luce della fede.

Figlio - Studiavano psicologia per poterci venire incontro e migliorarsi nel rapporto con noi e sapevano dire NO con lo stesso amore con cui dicevano SI. Una volta mamma scrisse un biglietto a un mio insegnante: “La prego di dare una punizione esemplare a mio figlio per aver disturbato la classe”.

Mamma affidò il biglietto a me, fidando pienamente nella mia lealtà nel portarlo e consegnano pur conoscendone il contenuto. Il professore lesse il biglietto davanti a tutti e mise 6 mentre avrei meritato di più.

Curavano bene i nostri diversi mondi: amicizie, scuola, arte, vita spirituale...tutto.

Figlia - Ogni mattina, prima di uscire, papà leggeva le Letture del giorno a mamma mentre lei terminava di preparasi.

Figlio - L’atteggiamento di papà quando pregava in chiesa era di tale raccoglimento che... m’impressionava.

Il suo desiderio di ricevere l’Eucaristia era talmente forte che una volta - eravamo da soli sulle Dolomiti - rinunciò e mi fece rinunciare ad un’escursione eccezionale perché ci avrebbe impedito, quel giorno, di fare la comunione.

Figlia - Ci aiutavano ad avere uno sguardo sul mondo.

Figlio - Con gli occhi di Dio, però.

Figlia - In famiglia ci trasmettevano l’interesse e la giusta passione per la vita sociale e politica e anche la compartecipazione ai dolori degli altri.

Figlio - Mamma ci portò ad Avezzano in Abruzzo a far visita alle vittime del terremoto della Marsica.

Figlia - Durante la guerra era in ospedale accanto ai feriti e con la Croce Rossa si specializzò in malattie tropicali.

Figlio - Poi avevano tutti gli impegni associativi: antesignani dei Corsi per fidanzati. Animatori di Rinascita Cristiana…

Figlia - C’era spazio per tutto…

Figlia - Prima del nostro ventesimo anno entrai fra le Benedettine di clausura.

Filippo e Cesare divennero monaci e sacerdoti, ed Enrichetta si dedicò, sì consacrò, stando vicino a papà e mamma fino alla fine.

Figlio - Mamma ha precisato, anche per iscritto, che in casa non ci furono mai pressioni, affatto, anzi stavano molto attenti.

Figlia - “...e mamme si potranno forse chiedere quale segreto possa aver, non dico originato - chè le vocazioni vengono da Dio - ma favorito lo sviluppo dì queste divine chiamate.

Un ambiente di concentrata pietà?

Una vita d’inesorabili rinunzie, penitenze, sacrifici, contrizioni?

Altarini e preghiere senza fine?

No lo so: ma da tutto questo non può essere dipesa la vocazione dei miei figli perché... perché tutto questo non c’è mai stato!

Abbiamo cercato che le loro anime fresche, pure, fossero riparate dall’influsso del male, che respirassero la vita cristiana, che si nutrissero dell’Eucaristia, che gioissero del dono della vita, delle bellezze della natura, di compagnie sane, che amassero la patria e le sue istituzioni, che conoscessero la religione nelle sue basi e nelle sue vette e la servissero con coerenza, ecco tutto.

Figlio - Mi sento incapace di dire come da bambini siamo cresciuti intellettualmente, affettivamente, spiritualmente fino a prendere, prima dei vent’anni, la strada segnata da Dio per noi, non me ne sento capace...

Figlia - Come si fa a dire il modo con cui ci nutre il cibo quotidiano o l’aria che si respira? o la luce che ci fa vedere, come si fa?...

Parte quarta

I figli per Luigi

Figlia - Per incontrarmi, per incontrare la sua Stefania, papà affrontava una volta al mese il viaggio a Milano: due notti in treno da sabato sera a lunedì mattina per restare con me solo mezz’ora parlando attraverso quelle grate che non riusciva a sopportare.

Figlio - Papà, in alcuni periodi, ci dedicò una domenica a testa: una a Milano da Stefania, una a Parma da me e un’altra a Noci da nostro fratello.

Figlia - Il loro abbraccio non era ormai soltanto per noi figli, ma anche per le nostre comunità. Ne hanno condiviso preoccupazioni, vicende, spese, sì si, anche oneri economici.

Figlio - Le loro lettere puntuali, profonde, alte, concrete, sapienti, si chiudevano sempre con una richiesta di benedizione e una loro benedizione a noi.

Figlia - Sono stati una benedizione per noi e per tanti.

Figlio - Durante la guerra papà rimase scosso dall’eccidio delle fosse Ardeatine, tanto che non gliene demmo subito l’annuncio, anche perché tra i martiri c’erano due suoi amici.

Fu fermato due volte per strada da quelli della Wermacht che rastrellavano uomini per portarli a lavorare: in quell’occasione si tolse il cappello con pacatezza mostrando i suoi capelli bianchi e il suo sorriso gentile…

Gli uomini della Wermacht sostavano sotto le finestre di casa nostra con i mitra spianati bivaccando in cortile, tuttavia papà e mamma riuscivano a far passare sotto loro occhi militari sbandati, ebrei clandestini, persone politicamente sospette e accoglievano tutti in casa; facevano indossare loro e nostre vesti di ricambio così da sembrare benedettini; poi li mandavano a Rocca di Subiaco dove noi li accoglievamo col permesso dell’Abate.

Ricordo che rimandavamo a casa le tonache con la massima rapidità affinché - scrivevamo - fossero pronte per altre vocazioni “tardive”.

La salute di papà cominciò a scricchiolare per la prima volta nel ‘41, a 61 anni, una crisi cardiaca, anche se non grave. La cosa si ripeté nel ‘44 e poi più nulla per 7 anni, fino al ‘51.

Quattro giorni prima di lasciarci, fece una cosa che mai aveva fatto in vita sua. Era fine ottobre ‘51. La priora delle Benedettine di Milano venne a Roma per un convegno e, strano, si fece accompagnare da nostra sorella.

Nostro padre, senza una motivazione esplicita o premeditata, colse l’occasione e mobilità per averci tutti insieme a Roma. Non aveva mai chiesto nulla, aveva sempre dato, ma stavolta tanto fece che la spuntò.

Io arrivai da Genova e mio fratello da Parma.

L’appuntamento era in via Portuense, dalle Benedettine, alla Messa e...senza quelle benedette grate.

Era il 5 novembre 1951.

A 27 anni di distanza da quando uscimmo tutti di casa, per la prima volta la famiglia si ritrovò tutt’assieme attorno al suo patriarca.

La commozione, al pensiero, non si spegne ancora oggi.

Quattro giorni dopo, nuova crisi cardiaca.

Papà se n’è andato con un volto serenissimo, come i giusti.

“Attendo - aveva scritto - il momento in cui dovrò lasciare questa vita, fiducioso nella infinita misericordia di Dio...

Spero voglia concedermi la grazia della perseveranza finale in quella fede che oggi sento vivissima e a cui cerco, come so e posso, di mantenermi coerente. Attendo quel giorno col dolore di dovermi staccare dalla mia dilettissima Mariaa, cui debbo gratitudine immensa ed eterna per tutto il bene, morale e materiale, che mi ha fatto, e dai figlioli adorati…

...ma ho speranza che ci ritroveremo tutti nell’eterna glorificazione di Lui…”

Parte quinta

La figlia per Maria

Figlia - Mamma rimase con noi ancora 14 anni.

Cosa sia stata per mamma la morte di papà è difficile da dire:

“Quello che c’è nel cuore non si può descrivere, ma tu mi comprenderai di certo, vero?

Ho bisogno di tacere, perché?

Forse il pieno dell’anima che fa il dolore, si chiude per restare più celato...

Se mi esternassi potrei, di minuto in minuto, dire gli infiniti richiami e ricordi e consuetudini, facendone incessante olocausto...Vedi?

Mi sono lasciata andare a parlare... e pur non riuscendo mai a piangere... sembra quasi che faccia bene...

Sai, una vita vissuta così, convinti che l’unità non si sarebbe potuta infrangere senza portare quaggiù lo sfacelo..., lo sfacelo di un blocco...

Mai come quando lo portarono via, io ho visto questo blocco nella sua compattezza… mai come in quel momento sentii che avevo perduto... il mio re e... m‘inchinai reverente...

Blocco voluto da Dio nel sacramento, composto, plasmato, reso compatto, infrangibile dal mutuo amore, dalla comprensione, dall’elevazione reciproca delle anime nella carità e nella grazia...

Figli miei, vi lascio queste ultime parole affinché le possiate sentire nelle anime vostre quando la mia voce tacerà.

In questi giorni di “attesa”, quando sono sola, vado attorno per le stanze di questa casa che vi ha visti nascere tutti e che ha visto andarsene i nonni e poi il vostro papà, mille volte benedetto!

Vado attorno, e ogni stanza di questa casa mi parla: vedo i ritratti di voi bambini, poi ragazzi, poi giovani, e rivivo quel tempo e quelle ansie e quelle consolazioni che mi deste...

Rivedo le fotografie del tempo di guerra e mi ricordano le ansie fiduciose sofferte per VOI...

E penso... penso che quando non ci sarò più, tutto questo rivivrete col dolore ispirato e accresciuto dall’affetto di cui mi avete ricolmato in questi ultimi anni... Ve ne sono grata figlioli miei carissimi.

Che la vostra vita, di momento in momento, si perfezioni sempre di più.

Non a caso Gesù ci ha donato tante grazie. Egli che amandoci d’amore gratuito e infinito, aveva su ciascuno di noi disegni di carità.

Cosi mi darete una gioia ineffabile di cui Dio vi compenserà largamente e Papà ed io dal Cielo, vi benediremo.

 

 

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