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Un' icona dell' Amore Crocifisso

Lettera di Fr. Rizzetto dal Sud Sudan

Questa lettera vuole essere una condivisione di alcuni sentimenti e riflessioni che sono state generate nel contemplare questa imamgine di un pittore tedesco: Sieger Köder, morto alucen settimane fa . Al di là di ogni rigore teologico, questa pittura, che mi è stata regalata da un confratello e che è stata oggetto di meditazione durante un ritiro, mi sembra offrire molti spunti per raccogliersi e contemplare le letture delal Settimana Santa, ed in particolare del Triduo Pasquale. Spero che più che il testo scritto sia l’immagine stessa a parlare e spero che essa possa suggerire come ha fatto ame, acuni spunti per rivedere la nsotra vita. Per prima cosa vorrei invitarvi a spendere un po’ di tempo a contemplare l’immagine.

 

La Croce

Tutta lascena sembra essere ritratta dentro l’albero della Croce. In realta, sono stato aiutato a capire che l’autore ha voluto disegnare tutta la scena tra i due lembi del del velo del tempio che si è squarciato quando “ tutto è stato compiuto”, quando Gesù ha rimesso il proprio Spirito al Padre. È per questo che vi si leggono alcuni caratteri in ebraico. La Croce ci “svela” questo grande mistero, che il velo del tempio ha preferito coprire: che Dio si è totalmente compromesso con l’umanità. Tutte le figure ritratte nel quadro sono incluse nella scena della Croce. La Croce stessa sembra essere fatta di sofferenza umana (o forse sarebbe meglio dire che è fatta dalla sofferenza degli esseri umani); non è forse vero che, quando gli esseri umani soffrono, è Dio che è crocifisso?

Il corpo di Gesù

È ferito e sanguinante; c'è un colore verdastro nell'addome, che gli conferisce una connotazione mortale. E’ un corpo nudo, totalemte spogliato di ogni umana dignità. La mano (destra) inchiodata non è visibile, ma è impossibile negare che sia transfissa da un chiodo, da qualche parte in alto sul patibolo. Questa mano trafitta è quella che trattiene Gesù sulla Croce. E’ l’unica risposta a coloro che gli dicono: “Scendi dalla Croce, salva te stesso!”. Parla della fedeltà nel compiere la volontà del Padre, al modo del Padre. Se Dio fosse sceso dalla Croce avremmo creduto in Lui per il miracolo. Se Gesù non scende è perché non c’è un’altra via all’Amore che libera. L'altra mano, ancora sanguinante, è tesa per raggiungere e toccare un'altra mano, pure ferita e fasciata con beende. E' il mistero del guaritore ferito che porta guarigione mentre lui stesso, nel guarire gli altri riceve guarigione. Deve causare un dolore tremendo questo tentativo di raggiungere gli altri, in questa situazione! Gesù soffre ma è pienamente cosciente: è ancora vivo, anche se agonizzante; è anche pienamente consapevole dei bisogni delle persone che stanno intorno a lui. Egli è anche consapevole dei propri limiti: l'immobilità fisica, causata dalla mano inchiodata; e la limitazione temporale data dalla consapevolezza del poco tempo che ancora gli resta da vivere, a causa della morte in arrivo.

Le persone ritratte con Gesù

Le due figure sullo sfondo della Croce potrebbero essere i due malviventicrocifissi con Gesù; vengono disegnati all'interno della croce, come se fossero parte di essa. Ed infatti, sono! La Croce è la solidarietà di Dio con l'umanità, anch la più reietta. Sembrano anche loro avere sia una mano inchiodata e una mano libera.

L'uomo a destra di Gesù: potrebbe essere Giovanni, il discepolo prediletto. Il suo sguardo è rivolto a Gesù; è consapevole del mistero che si compie dinnazi a lui. Forse, nutre ancora la speranza che a mano ancora trafitta possa anch’essa staccarsi dalal Croce, e liberare l’amato Maestro. Ma in cuor suo sa anche che ciò non è possibile. La logica di Dio è un’altra.

La prima donna a sinistra con un manto di colore blu: potrebbe essere Maria, la Madre. Sembra come nell’atto di contemplare il mistero di questo amore. Ma c'è trepidazione nel suo sguardo e un velo di lacrime agli occhi. Ha capito, suo malgrado la profezia di Simeone, che parlava di una spada e di como sarebber stati svelati i segreti di moti cuori: un velo di lacrime talvolta ci svela la verità.

La seconda donna ai piedi del quadro, vestita di rosso: potrebbe essere Maria Maddalena. È devastata dal dolore. Ha ancora così tanto bisogno di Gesù! L’unico uomo che ha visto il suo cuore oltre il peccato, oltre i “sette demoni”. L’unico uomo che l’ha guardata con rispetto ed amore.

Queste tre persone appena menzionate (Giovanni, Maria e Maddalena) fanno come parte di un gruppo, insieme con Gesù. I tre si sostengono a vicenda, e tutti e tre si stringono a Gesù per dare conforto ma anche per ricevere ancora la sua consolazione.

La nudità di Gesù è coperta dalla donna appoggiata a lui. Una potente immagine del modo in cui la vera tenerezza dei poveri si fa solidarietà di Dio, che supplisce al furto della dignità di cui spsso i nostri fratelli e le nostre sorelle sono vittime. E spesso le vittime sono coloro che ci mostrano incomprensibili gesti di amore, di perdono e di comprensione. Sono le vittime che, spesso, ci mostrano che solo l’amore è la pietra di paragone, anche quando pensiamo di non meritarlo. In questa sitazione di apparente disperazione, Gesù sembra essere consapevole della cura e protezione, ricevuti dalle persone che lo circondano. Sembra che assieme a trepidazione ci sia, nel suo sguardo, gratitudine. Come per quelle lacrime e quel profumo versati sui suoi piedi e sul suo capo da persoen amorevoli.

C’è una mano fasciata che si protende a toccare la mano tesa di Gesù. Sembra essere il motivo per cui Gesù si protende, quasi scende dall Croce per continuare a toccare le persone con amore. Ci si potrebbe chiedere: "Perché ora? Perché proprio in questo momento, in cui dovrebbero essere consentiti solo il silenzio e la contemplazione, c'è qualcuno che ancora chiede aiuto"? Questo segno parla dell’apparente infinita ferita dell'umanità, la quale ha sempre bisogno di guarigione (e forse di un tocco umano di guarigione).

Le tre figure a sinistra di Gesù, aggruppati insieme, sembrano in qualche modo grotteschi, difformi, sono quelli chiamati "brutti" dalla società. Uno ha pure uno sguardo cupo… Eppure, questi tre sono in una posizione privilegiata per vedere ciò che Gesù sta facendo. Essi possono ora vedere (e capire meglio) il Cuore di Gesù. Questo cuore non ha ancora escluso nessuno. Chissà che questo vedere, possa davvero aprire il cuore di coloro per cui abbiamo perso la speranza?

Alcune considerazioni finali

E 'sicuramente un quadro difficile. Ci dice che la missione è esigente: è un taglio sul vivo, è dare la vita. Ci provoca il dinamico equilibrio tra l'immobilità inflitta dalla Croce e il libero movimento di Gesù verso gli altri. Personalmente trovo l'immagine davvero " squilibrata". È squilibrata perche è l’unica misura dell’Amore di Dio è l’Amore senza misura. L'immobilità, resa dalla mano trafitta, non trattiene l'Amore di Gesù 'per la gente. La fatalità della sua situazione non trattiene l'amore della gente per Gesù. Storicamente parlando, abbiamo "visto" l'evento della croce. Per fede, crediamo nella Resurrezione. Ma che la Resurrezione possa accadere nel modo ritratto da questa icona, è quasi incredibile! Alla luce della Scrittura, vorrei osare una ulteriore riflessione su questa immagine. Tre pagine bibliche trovano risonanza in questo quadro. Personalmente, mi sono sentito molto provocato dalla donna che sistringe ai piedi di Gesù mentre Lui, sta facendo un tentativo di raggiungere lei. Vi è un aspetto che non è immediatamente visibile nel quadro, ma che ci viene offerto dal Vangelo di Giovanni (Gv 20, 11-18). In questo episodio, dove Gesù Risorto incontra Maria Maddalena, Egli, nel chiederle di non trattenerlo, non lascia Maria a vivere una vita di nostalgia. Gesù lascia Maddalena a vivere una vita piena, che si fa annuncio di gioia per gli altri, inclusi gli Apostoli.

Come educatore, mi domando se sono capace di sostenere le persone senza legarle a me, alla mia persona. Sono in grado di lasciare le persone affidate alle mie cure ed al mio accompagnamento come persone pienamente realizzate e libere? Se leggiamo il quarto carme del Servo sofferente di Jahvè, di isaia, (Isaia 53,13 - 54,12), vediamo come in questo passaggio, è ritratta la forza redentrice della sofferenza del Servo. Il brano descrive come una parabola discendente, in cui il Servo sofferente raggiunge il punto di essere così sfigurato che non può più essere riconosciuto come essere umano.

Ed è proprio in questo momento che il potere salvifico delle sue ferite si fa manifesto: “per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. Non c’è molto da dire. Forse dovremo ascoltare ed osservare con maggior cura, quando stiamo accanto a qualcuno che soffre. Nel passo della lettera ai Filippesi (Fil 2, 5-11) leggiamo un inno all‘umiliazione (kenosis) di Gesù. Egli viene proclamato come colui che ha camminato verso gli esseri umani, fino al grado più basso di umiltà, fino ad apparire nudo sulla Croce, assieme a due malafattori. La Sua fiducia in Dio Padre, rende possibile per Gesù di camminare in un percorso che, umanamente parlando, si svolge tra il completo fallimento e l’incomprensione, da cui però si genera nuova vita. E 'un cammino di piena solidarietà con l’umanità calpestata. Alla fine di questa Quaresima possiamo chiederci se abbiamo camminato in solidarietà?

Fr. Paolo Rizzetto, Sud Sudan

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