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HAITI: INTRODUZIONE

Presentazione storico-politica

Introduzione

Haiti è situata nel Mar dei Caraibi.
La repubblica di Haiti occupa circa un terzo dell’isola di Hispaniola, è situata nella sua parte occidentale e confina a est con la Repubblica Dominicana.
Un tempo colonia francese, è stata - dopo gli Stati Uniti - la prima repubblica delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza. L'indipendenza fu dichiarata il 1º gennaio 1804, ma venne riconosciuta solo nel 1825 dalla Francia e nel 1863 dagli Stati Uniti. Ma, nonostante ciò, Haiti è sempre stato un Paese dominato da dittature, talvolta feroci, come quella dei Duvalier, che imperversarono dal 1957 al 1986. Colpi di stato militari, ribellioni, sanguinose repressioni e occupazioni straniere. E molta povertà. Infatti il Paese è il più povero delle Americhe e uno dei più poveri in tutto il mondo.

Fonte: it.wikipedia.org/wiki/Haiti



INDICE:



Storia
L'isola di Hispaniola era in origine abitata dagli indigeni taino e arawak, provenienti probabilmente dal sud del continente, dalla regione amazzonica.
Il 5 dicembre del 1492, la Santa Maria, comandata da Cristoforo Colombo, sbarcò sull’isola ed ebbe così inizio il dominio spagnolo.
La riduzione in schiavitù e le conseguenti condizioni di vita molto precarie portarono ad una drammatica diminuzione della popolazione indigena nei venticinque anni successivi alla scoperta dell'isola. Per sopperire alla carenza di manodopera, gli spagnoli cominciarono a deportare schiavi africani, impiegati soprattutto nella ricerca dell'oro e nella produzione agricola in seguito. L'interesse spagnolo verso Hispaniola, comunque, diminuì notevolmente a partire dagli inizi del Sedicesimo secolo, quando ingenti quantità di oro e argento furono sottratte in Messico e in Perù. Nel 1606, a seguito dei continui attacchi dei pirati il sovrano spagnolo ordinò a tutti i coloni di spostarsi nella vicina capitale Santo Domingo. Ciò, tuttavia, permise ai pirati inglesi, olandesi e francesi di stabilirsi lungo le coste settentrionali e occidentali. In particolare, i pirati francesi si stabilirono sull'isola La Tortuga già nel 1625, ma fu solo nel 1664 che la Francia rivendicò il suo dominio sulla porzione occidentale di Hispaniola. Nel 1697, con il Trattato di Ryswick, la Spagna cedette ufficialmente la porzione più occidentale di Hispaniola alla Francia: la nuova colonia fu ribattezzata Côte française de Saint-Domingue.
Mentre la parte spagnola dell'isola era scarsamente considerata dalla Corona Spagnola, la parte francese conobbe un periodo di prosperità economica che la rese la più ricca delle colonie dell'emisfero occidentale, grazie soprattutto alle notevoli esportazioni di zucchero prodotte con il lavoro schiavo.
Verso la fine del 1700, la popolazione della colonia era composta da 3 diversi gruppi etnici:
gli europei (circa 32.000 nel 1790) che detenevano il controllo politico ed economico;
la “gens de couleur” (28.000) costituita da individui liberi e di sangue misto, di cui la metà mulatti, definibili come classe sociale di status inferiore; gli schiavi (ben 500.000),  gran parte dei quali importati ancora dall’ Africa visto che le brutali condizioni di vita impedivano la naturale crescita della popolazione. Di questi, molti si erano dati al marronage (nel 1751 si calcola fossero almeno 3.500) ossia alla macchia, rifugiati in luoghi poco accessibili delle montagne e organizzati in comunità.

L'indipendenza
La vera frattura del sistema schiavista a livello mondiale cominciò ad Haiti: la rivoluzione haitiana è stata considerata antischivista, anticolonialista e antirazzista. Haiti forniva da sola i 2/3 dello zucchero comerciato dalla Francia e rappresentava un grande mercato schivista. Il marronage costituiva un grande problema perché oltra alla perdita di manodopera, gli schiavi fuggiaschi e liberi rappresentavano una minaccia per la sicurezza della colonia. Si riscontrano per l’epoca numerose rappresaglie a danno dei coloni, con avvelenamento di acqua e incendio di piantagioni.
Sull'onda della Rivoluzione Francese, anche le “gens de couleur” cominciarono a fare pressione sul governo coloniale per ottenere maggiori diritti. Il 15 maggio 1791, l'Assemblea Nazionale francese concesse i diritti politici a tutti i mulatti e i neri nati liberi (senza, tuttavia, mutare lo status di coloro che erano ancora schiavi).
Alla fine di luglio 1791, mentre infuriava una tempesta tropicale, Boukman, uno dei capi della rivolta nera, condusse una memorabile azione di devastazione tale da indurre la Francia a porvi rimedio concedendo alla popolazione creola l’estensione dei diritti civili.
Il 22 agosto del 1791, gli schiavi della zona di Cap-Français (ora Cap-Haïtien) si ribellarono ai loro padroni. Tale ribellione si diffuse rapidamente sotto il comando di Toussaint L'Ouverture, uno schiavo africano, liberato, che era inoltre stato formato alla cultura francese.
Le forze di Toussaint ebbero la meglio sull'esercito coloniale francese e il 4 febbraio 1794 il governo rivoluzionario francese emanò un decreto con cui abolì la schiavitù in tutte le sue colonie. Nel 1801 si conforma la prima carta costituzionale con cui si fonda la repubblica di haiti, ma nel 1802, però Napoleone Bonaparte spedì un nuovo esercito sull’isola per riottenere il controllo della colonia; inizialmente, le forze inviate dal Bonaparte ebbero la meglio sugli isolani, costringendo Touissant alla tregua, ma che fu catturato e morì poi in una prigione francese. La sua morte non fece altro che riaccendere gli animi dei ribelli: Jean-Jacques Dessalines e Henri Christophe decisero di interrompere la tregua e riprendere a combattere.
Il 18 novembre 1803 l'esercito di Dessalines sbaragliò i francesi nella Battaglia di Vertières e il 1 gennaio 1804 l'ormai ex colonia dichiarò la sua indipendenza: Saint-Domingue venne dunque ribattezzata Haiti in ossequio alla popolazione originale che chiamavano l'isola Ayiti.
La neonata repubblica supportò la causa abolizionista nelle colonie americane ovunque fosse possibile: le potenze coloniali reagirono isolando Haiti per evitare il propagarsi delle rivolte degli schiavi. La Francia stessa si rifiutò di riconoscere l'indipendenza della sua colonia fino a che quest'ultima non pagò 150 milioni di franchi per compensare le perdite dei proprietari terrieri francesi in seguito alla successiva rivoluzione del 1833. Il pagamento di questa indennità mise però in difficoltà il governo haitiano, rappresentando un duro colpo per l'economia isolana.
Nel 1806 Dessalines fu assassinato e Haiti venne divisa in due stati: a sud una repubblica con a capo Alexandre Pétion, a nord un regno sotto il dominio di Henri Christophe.
Nell'agosto del 1820, con la morte di Christophe, il Paese venne riunificata con il nome di Repubblica di Haiti, sotto la guida di Jean-Pierre Boyer, successore di Petion. Boyer invase poi la colonia spagnola di Santo Domingo, riunificando così tutta l'isola di Hispaniola fino al 1844, quando la popolazione creola giudata da Duarte con l’appoggio della corona spagnola ristabilì l’antica divisione tra le due popolazioni.

L'occupazione statunitense
Nel corso del XIX secolo, il paese fu guidato da una serie di presidenti, la maggioranza dei quali rimase in carica solo per un breve periodo. L'economia finì per essere sempre più controllata dalle potenze straniere. Preoccupati di possibili sviluppi negativi della politica e dell’economia di Hispaniola, gli Stati Uniti decisero di intervenire occupando dapprima Haiti nel 1915 e pochi tempo dopo anche la Repubblica Dominicana. Gli statunitensi imposero una nuova costituzione, scritta dal futuro presidente americano Franklin Delano Roosevelt; l'occupazione determinò un forte processo di centralizzazione del potere politico ed economico dalle province alla capitale: ne derivò la distruzione del tessuto socio-economico delle campagne, con un conseguente esodo verso la capitale. Posti di fronte a questa situazione, alcuni ribelli, detti Cacos e guidati da Charlemagne Peralte, diedero vita ad una lunga guerriglia. Il governo haitiano controllato dagli Stati Uniti reagì creando una Guardia Nazionale, divenuta nei decenni successivi l'Armée d'Haiti, la quale finì però col macchiarsi di molte atrocità perpetrate ai danni della popolazione civile. L'occupazione statunitense ad Haiti terminò nel 1934 ma continua ancora oggi la forte relazione politico-economica.

Il periodo dei Duvaliers
Gli U.S.A. lasciarono Haiti nelle mani della minoranza mulatta. Nel 1946, Dumarsais Estimé divenne il primo presidente di colore. Quando nel 1950 tentò di prolungare il suo mandato oltre la durata legale, si verificò un colpo di stato, con la successiva creazione di un Consiglio Militare di Governo.
Nel 1957, il dottor François Duvalier ("Papa Doc") giunse al potere in seguito alle prime elezioni a suffragio universale tenute ad Haiti con grande appoggio dagli Stati Uniti. Nel 1964, Duvalier si autodichiarò presidente a vita: per anni egli mantenne il controllo sulla popolazione attraverso la sua polizia segreta, i Volontari per la Sicurezza Nazionale, (i famigerati Tonton Macoutes ), una polizia personale di Papa Doc. Tale organizzazione fu più volte criticata a livello internazionale per i metodi violenti con cui venivano trattati gli avversari politici, veri o presunti tali. Nel suo paese infatti, Duvalier utilizzò sia l'assassinio, sia l'espulsione per sopprimere i propri avversari politici: si stima che le persone assassinate siano più di 30mila.
Alla sua morte (1971) a Duvalier padre successe il figlio diciannovenne Jean-Claude Duvalier (soprannominato "Baby Doc") in qualità di nuovo presidente a vita. Il regime di Duvalier figlio divenne noto per la sua corruzione e fu costretto a fuggire nel 1986, aprendo così un nuovo periodo di agitazioni. La fine del regime di Duvalier figlio si deve molto alle rivendicazioni sociali che con il tempo si generalizzarono nei centri più importanti del Paese sedate nel sangue e che provocò circa 40mila vittime.
Nel frattempo il Paese è precipitato in una situazione di paralisi economica con forte dipendenza dagli aiuti umanitari.

L'epoca di Aristide
Dopo una serie di brevi governi, molti dei quali militari, el 1991, il leader carismatico Jean-Bertrand Aristide venne eletto presidente con il partito Lavalas (la valanga), ottenendo circa il 70% dei suffragi e una mai vista partecipazione alle urne. Aristide, sacerdote salesiano, aveva conquistato il cuore del popolo con la sua azione sociale e le sue denunce pubbliche. Sette mesi subisce un colpo di stato guidato da Cedras. Seguirono tre anni segnati dal brutale controllo di una giunta militare. Nel 1994, l'intervento statunitense riportò Aristide al potere: uno dei suoi primi atti fu lo scioglimento dell'esercito e la crazione di una polizia civile, decisione che incontrò un forte favore presso il popolo.
Nel 1996 ad Aristide successe il suo alleato nonché ex-primo ministro René Préval. È da segnalare che, mentre Aristide fu il primo presidente democraticamente eletto nella storia haitiana, Préval fu invece il primo a portare a compimento il suo mandato senza interruzione e, soprattutto, il primo a lasciare di sua volontà il suo incarico una volta scaduto il termine. Aristide tornò al potere nel 2001, ma le elezioni si svolsero con molte polemiche e accuse di brogli; il “secondo” governo Aristide appoggiò molto di più la classe elitaria e aumento il suo potere personale (aveva una scorta armata addestrata statunitense) Nel febbraio del 2004 le proteste tra fazioni pro e contro Aristide fanno precipitare la situazione in un clima di violenza armata; il governo di Aristide fu deposto da un gruppo di ribelli armati, guidati da bande urbane precedentemente al servizio del partito presidenziale e da ex-soldati. Quando Aristide lasciò il paese, molti membri del suo governo cercarono rifugio all'estero o preferirono nascondersi, mentre, ancora una volta, gli Stati Uniti intervenivano facendo sbarcare i marines a Port-au-Prince. Dopo la fuga di Aristide, Boniface Alexandre, giudice capo della Corte Suprema, fu nominato presidente da un consiglio, con l'appoggio di Stati Uniti, Canada e Francia.

Le nuove elezioni del febbraio 2006 hanno portato René Préval ad essere rieletto presidente.
Nel paese si trova operativa La Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti MINUSTAH , stabilita dal Consiglio di Sicurezza il 30 aprile 2004 con la risoluzione 1542 per garantire al paese una transizione democratica del paese.
Il mandato della MINUSTAH è di aiutare il governo di transizione nazionale nel mantenere l'ordine e la legge nel paese, nel garantire libere e democratiche elezioni, e di proteggere il personale delle Nazioni Unite impegnato in progetti umanitari.
Attualmente il contingente è composto da circa 8.500 effettivi, tra personale militare e di polizia. Questa missione non è vista di buon occhio dalla popolazione che da sempre li ha considerati come dei veri e propri occupanti. Nel corso degli ultimi anni, infatti, i soldati Onu si sono resi protagonisti di stupri, violenze e omicidi, nei confronti di una popolazione già martoriata da fame, povertà e violenza.


Il terremoto del 2010 

Il 12 gennaio 2010, alle ore 16:53 (ora locale), un violento terremoto di magnitudo 7,3 Mw, seguito da numerose repliche di intensità superiore a 5,0 M, ha colpito l'entroterra di Haiti in prossimità della capitale Port-au-Prince.
L'entità dei danni materiali provocati dal sisma sono stati considerati come una catastrofe. Il numero di morti è stimato in 250mila, la maggior parte non recuperate dalle macerie, e altrettante ferite. Molti edifici della capitale, compresi i quattro ospedali cittadini, il Palazzo presidenziale e la sede del parlamento (Assemblea Nazionale di Haiti), la cattedrale, il quartiere generale della MINUSTAH, sono andati distrutti o gravemente danneggiati.
Il terremoto ha colpito, direttamente o indirettamente, tutta la popolazione e tutta l’economia. Il numero di sfollati interni e accampati in ripari di fortuna nella Capitale sono stati stimati tra 1 e 1.3 miloni di persone. La comunità internazionale ha deciso, nel vertice di New York della fine di marzo 2010 presenti i paesi donatori, di stanziare la somma di 10 mld di dollari nei prossimi tre anni per ricostruire il Paese.


Vittime

A causa della povertà e dell'isolamento del Paese e in seguito a gravi danni alle infrastrutture di comunicazione, non è possibile definire con certezza il numero di vittime del sisma. L'ONU ha dichiarato che il terremoto ha colpito, direttamente o indirettamente, un terzo della popolazione nazionale. Al 24 gennaio i morti erano stati almeno 150.000. In data 5 febbraio, secondo stime governative, i morti hanno superato la soglia dei 212.000. Secondo una stima del 18 febbraio, le vittime sarebbero circa 260.000, ma sono rimaste coinvolte almeno quattro milioni di persone.

Economia
Haiti è il paese più povero dell'emisfero settentrionale e uno dei più poveri al mondo. Gli indicatori economici e sociali mostrano come Haiti, a partire dagli anni '80, abbia accumulato il divario rispetto ad altri paesi in via di sviluppo con livelli di reddito molto bassi.
Secondo la Banca Mondiale nel 2008 il PIL consisteva in 6,69 miliardi di dollari. Haiti occupa la 153esima posizione su 177 paesi classificati in base all'Indice di sviluppo umano. Circa l'80% della popolazione vive in una condizione di povertà degradante, il 54% vive con meno di un dollaro al giorno, posizionando così il paese al penultimo posto nel mondo nella relativa classifica.
Haiti risulta essere in forte ritardo in pressoché tutti gli indicatori di sviluppo anche in confronto ai paesi della zona caraibica e alla Repubblica Dominicana, che divide con Haiti il territorio della stessa isola (Hispaniola). Il reddito medio pro capite che risulta dagli indicatori economici è di circa 400 dollari/anno. I disoccupati di Haiti rappresentano oltre il 60% della popolazione e sul paese grava un pesante e impagabile debito.
Quasi il 70% degli haitiani vive nelle aree rurali, vivendo di agricoltura di sussistenza su piccola scala. L'industria riveste un ruolo assolutamente marginale mentre i servizi, così come il turismo. Esiste una forte dipendenza dagli aiuti esteri (molto spesso promessi che stanziati) e dalle rimesse dall’estero dei milioni di haitiani in diaspora.
Durante le amministrazioni Aristide (secondo periodo) e Alexandre-Latortue, le difficoltà riscontrate nel raggiungere accordi con i finanziatori internazionali hanno negato ad Haiti gli aiuti di cui il paese aveva fortemente bisogno. Altro ostacolo allo sviluppo economico è rappresentato dalla dilagante violenza che, negli ultimi 20 anni, ha tormentato la vita politica e sociale di Haiti. Sebbene vi fosse una situazione di relativa stabilità sotto i governi del Fanmi Lavalas, ciò non è bastato per convincere gli investitori stranieri ad impiegare il loro capitale nel paese.
Di conseguenza, Haiti negli ultimi 20 anni ha conosciuto periodi di ristrettezze economiche, di consistenti deficit della bilancia commerciale e cicli caratterizzati da elevati livelli di inflazione. Dopo una recessione culminata nel 2004 si è verificata una lenta ripresa interrottasi però nel 2008 a seguito dei pesanti scontri di piazza, limitando così la crescita all'1,
3%. Nel 2009 la crescita era invece di circa il 2%.

Demografia
Haiti ha circa nove milioni di abitanti. Malgrado una densità molto elevata (293 ab./km²), la distribuzione della popolazione è fortemente disomogenea: gran parte degli haitiani, infatti, vive nelle città, nelle pianure costiere e nelle valli. Circa il 95% degli abitanti è di origine africana. Il resto della popolazione è formato da mulatti e da sparuti gruppi di europei, libanesi e siriani, dominicani...


Lingua

Il Francese non è più lingua ufficiale, ed è parlato solo dal 10% della popolazione e utilizzato per i documenti amministrativi: la quasi totalità degli haitiani si esprime e scrive invece con il creolo haitiano (kreyòl ayisyen), risultato di secoli di schiavismo e di elaborazione della lingua dei colonizzatori mediante strutture linguistiche africane (i caraibi e le zone di influenza africana hanno creato numerosi creoli nelle Americhe). Sono inoltre conosciuti l'inglese e lo spagnolo, quest'ultimo per via della vicinanza geografica della Repubblica Dominicana e di Cuba, oltre che dei profondi legami, commerciali e non, fra questi paesi.


Religione
Il cattolicesimo è la religione di stato, professata dalla maggioranza della popolazione. La presenza religiosa nel paese è di grande rilevanza; d’altra parte è numerosa anche la presenza di sette cristiane. La religione del popolo resta comunque il Voudou che gli haitiani praticano quotidianamente, spesso congiuntamente alla religione cristiana, essendo un modus vivendi, eredità di madre Africa e che in Haiti ha assunto una sua peculiarità e maniera di esprimersi.

 


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