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La Colombia e la separazione tra diritti e giustizia

Tra il 18 e il 19 gennaio gli squadroni della morte hanno massacrato venticinque indigeni a Palmarito, nel distretto orientale di Vichada.

Pochi giorni dopo nel dipartimento di Caquetà, denuncia l'Associazione Reiniciar, altrettanti campesinos sono stati arrestati dalla Brigata XII dell'Esercito; due hanno perso la vita e sono stati vestiti da guerriglieri dai loro assassini affinché il delitto venga ascritto a un'impunità che nelle regioni più floride della Colombia continua a crescere in maniera esponenziale; le case sono state date alle fiamme, altre sono state preda di saccheggi indiscriminati; il bestiame è stato annientato, rubato o ucciso.

Il 15 gennaio, in una lettera al Presidente della Repubblica, padre Javier Giraldo (che dirige "Justicia y Paz", un organismo in lotta da anni per la difesa dei diritti umani) denuncia le ultime aggressioni commesse dalla Brigata XVII nella Comunità di pace di San Josè de Apartadò. Secondo la lettera, alcuni tra i fatti più eclatanti avvenuti di recente in quella zona sono i seguenti.

A ottobre alcuni appartenenti ai gruppi paramilitari hanno convocato una riunione con i dipendenti del Trasporto pubblico e li hanno minacciati di morte a causa di supposte informazioni sui leader della Comunità delle quali si dichiaravano insoddisfatti. Due giorni dopo i membri dell'esercito hanno bombardato con gli elicotteri su vaste zone colpendo varie strade di collegamento nonché numerosi sentieri. A distanza di due settimane 16 famiglie, sempre a causa dei bombardamenti, sono state strappate dalle loro terre _desplazadas_ e molti civili sono stati dati per dispersi. I campesinos in un paese come la Colombia, dove 33 milioni di abitanti su 43 vivono con meno di due dollari al giorno, sono stati derubati del proprio, già alquanto scarso, bestiame: il furto di una gallina e un toro esemplifica la crudeltà insita nell'entità del danno perpetrato al signor Luis Hidalgo la cui mensa infatti, come per tutti i casi analoghi, non dipende che da quei pochi animali. Alla fine di ottobre i paramilitari hanno bloccato la strada a un veicolo che si dirigeva a San Josè: presentandosi come Autodefensas hanno fatto scendere i passeggeri, li hanno obbligati a esibire documenti e persino a mostrare le mani "per vedere se erano mani da lavoratori o da guerriglieri"; hanno fatto minacce di morte altrettanto gravi in numerosi episodi affini. Così è sufficiente "sembrare strani" per morire in Colombia.

Il 4 novembre le truppe dell'esercito hanno messo a repentaglio la sopravvivenza di 54 famiglie. Il bilancio finale è pauroso: "nel giro di un mese i membri di 70 famiglie desplazadas a causa dei bombardamenti si sono rifugiati in zone rurali inospitali, di tanto in tanto alcuni tornano a raccogliere qualcosa dai propri campi ma corrono un grave rischio per la loro vita", si legge nella lettera. Sono solo pochi esempi.

Javier Giraldo lamenta inoltre che in oltre 8 anni di continua denuncia, nonostante l'appoggio della Corte Interamericana dei Diritti Umani e di altre organizzazioni internazionali, alle ripetute petizioni inviate al governo non è stato reso un solo atto di giustizia che sanzioni gli autori di alcun fatto. Nel frattempo le aggressioni alla Comunità continuano a perpetrarsi, il piano di sterminio avanza e si manifesta in azioni criminali contro la popolazione i cui appartenenti, accusati di favorire la guerriglia, è dal 1997 che si sono dichiarati contro ogni collaborazione con quest'ultima. Gli abitanti di San Josè vengono arrestati arbitrariamente, derubati di ogni avere, torturati, seviziati, schedati e iscritti in una lista di morte che accompagna il dichiarato progetto di distruggere la comunità in cui vivono.

Le connivenze tra esercito e paramilitari sono comprovate, fanno i posti di blocco e pattugliano i villaggi insieme proseguendo ogni giorno la guerra del terrore contro poveri contadini e indigeni. E' chiaro che le AUC _quella paramilitare è una strategia che raccomandata dalla CIA alla fine degli anni sessanta_ non sono interessate alla soluzione dei problemi della popolazione né a debellare il commercio illegale di droga: lo dimostrano le cifre dei bilanci annuali, dai quali risulta che buona parte delle loro entrate per l'acquisto di armi proviene proprio dal narcotraffico. La narcotizzazione della guerra continua, soprattutto per precisa volontà degli USA, che finanziano e mascherano il proprio interventismo "antisovversivo" con presunte azioni anti-narcotraffico. I capitali derivanti dal commercio illegale di droga, infatti, continuano ad essere reinvestiti e la militarizzazione dei territori più ricchi appoggiata per il controllo delle straordinarie risorse naturali che la Colombia possiede. Evidentemente il terrorismo di Stato non è casuale e generalizzato, ma raffinato e selettivo. E’ sempre difficile parlare di Colombia ma non più di tanto visto che, in molti oggi, soprattutto tra le “alte sfere” della politica internazionale, ne sanno parecchio.

Uribe Velez, presidente dal maggio del 2002, ha dato ordine di rioccupare le zone smilitarizzate dal precedente governo Pastrana che sulla "zona di distensione" con la guerriglia aveva puntato tutto. Ha promesso il pugno duro contro le Forze armate rivoluzionarie chiedendo lo sbocco degli aiuti militari statunitensi_ oltre un miliardo e trecento milioni di dollari nel contesto del Plan Colombia_, finora destinati principalmente alla guerra antidroga di cui padre Javier Giraldo mostra, nella lettera citata in precedenza, obiettivi militari effettivi ed effetti.

Uribe Velez, in quasi due anni di governo, ha fatto superare di molto le cifre a cui ammontavano le vittime del conflitto interno al Paese durante il precedente governo, con un incremento delle violazioni ai diritti umani ai danni delle comunità indigene da parte delle Forze militari e della Polizia Nazionale per stime che si aggirano intorno alle 13500 vittime solo nel 2002/2003 (Fundaciòn Hemera).

Uribe Velez sarà in Italia nei prossimi giorni, invitato con le massime onorificenze dal Governo Italiano. Alla sua venuta si oppongono numerose organizzazioni, tra cui anche Asud, che manifesteranno contro la sua sgradita visita a Roma. Manifesteremo con l'appoggio di altrettante associazioni, ONG, rappresentanti politici, enti nazionali e internazionali che si oppongono con la denuncia e l'informazione all'impunità eletta a sistema. All'origine dell'impunità c'è la separazione tra diritti e giustizia. Manifesteremo affinché si sappia che se in Colombia non c'è giustizia è perché il potere non vuole fare giustizia.

(Eva Bonomini, A Sud )

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