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Mt 3, 13-17; 4, 12-17: L'Altro è il mio nome

Catechesi e condivisione GIM1 Venegono - Ottobre 2013

L'Altro è il mio nome (Mt 3, 13-17; 4,12-17) 

Incontri che trasformano. Certamente nei Vangeli troviamo una ricchezza inaudita, ma tutto è volto alla trasformazione degli schiavi in persone libere. E allora quest'anno ci focalizziamo sugli incontri, incontri che trasformano. Iniziamo oggi con l'incontro per eccellenza, la vocazione. Ma nel Vangelo tutti gli incontri cambiano (o dovrebbero farlo)...

Esperienza forte del campo di Cosenza: dopo tanti anni mi commuovo ancora al rivivere la chiamata. Gesù che chiama? Eh no, sarebbe troppo bello; prima tocca a Lui. Lo vediamo in questi due passaggi giustapposti: Mt 3, 13-17 ; 4,12-17 

Quando si guarda ai santi si pensa subito a persone finite, arrivate, dimenticandoci che essi pure hanno avuto un cammino, sono cresciuti. Questo vale soprattutto per Gesù che nella nostra mente è l'uomo perfetto. Il Figlio di Dio. Ebbene non è così e anche Lui ha dovuto fare il suo cammino, sebbene questo ci possa scandalizzare (fare inciampare).  

I brani di oggi ce lo dimostrano. E sono brani difficili, che creano problemi. Qualcuno si è perfino chiesto se l'evento battesimo sia un fatto storico, ma proprio i problemi che pone chiariscono che nessuno poteva avere interesse a creare una cosa così assurda. Giovanni era già lì e la gente pensava che fosse lui il messia. Un uomo forte, che scuote le coscienze, come papa Francesco. E anche Gesù va da lui; anche lui ebreo “impegnato” (animatore di oratorio?) ha bisogno di ascoltare la parola di Giovanni. E' reduce da un episodio drammatico, la sua autorivelazione a casa sua; la sua gente lo rifiuta e l'uomo Gesù è probabilmente confuso (ci stupisce un Gesù turbato?). Ha bisogno che la Parola di Dio lo illumini e lo fa in un modo che probabilmente neanche Lui si aspettava. La prima vocazione di Gesù appare qui: chiamato da Dio ad essere parte di un popolo di periferia... Chi sembra avere le idee chiare è invece Giovanni (che poi avrà i suoi dubbi...), che si scandalizza, come noi per tanti gesti del papa. Anche lui si aspettava un messia del suo stampo, tutto fuoco e forza. 

E' Gesù a chiarire (prima di tutto a se stesso) che in questo momento è giusto che sia così. Lo fa con parole difficili: giustizia e compiere. Non si fa accenno a un suo peccato o necessità di conversione, ma al piano divino di salvezza in riferimento alla Scrittura. In altre parole, Dio stesso aveva deciso così. Perché? Perché il messia vincerà con la forza della non violenza, facendo forza sulle coscienze più che sulla rivoluzione. Egli lo lasciò fare, il piano di Dio si adempie (come sulla croce...). Tutti fanno quel che devono fare, anche Dio. E qui forse la vocazione diventa più esplicita: Dio lo chiama per nome. 

Il nome che ci identifica. Alcuni non son contenti del proprio nome. I genitori vanno a caccia di nomi strani e strampalati. Però identificarsi col nome è importante. Nella Scrittura Dio chiama per nome; anzi due volte, nell'eventualità che uno non senta... Qui il nome è straordinario: Figlio. Contrapposizione netta a quell'Adamo che ha tradito la fiducia riposta in Lui (cf S Paolo). E in lui siamo figli (ascoltatelo). Ma nel nome Figlio c'è tanto altro, c'è tenerezza e affetto oltreché fiducia e bla bla bla. Una voce dal cielo che si scomoda. Il segno dell'unzione nello Spirito è chiara.

Saltiamo. Gesù si ritira nel deserto e nel frattempo Giovanni è arrestato. 

La vocazione di Gesù inizia a chiarirsi: dopo la vocazione ad essere c'è anche quella del fare: prendere il posto di Giovanni. Ormai il testimone è in mano sua. In continuità. Infatti Gesù inizia la sua missione in Galilea e con le stesse parole: “convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. E già si intuisce che anche la fine sarà la stessa: come tutti i profeti e come Giovanni Battista, anch’egli subirà il martirio.  

Scandalo: l'annuncio non inizia da Gerusalemme, il cuore del giudaismo, ma dalla periferia, dal disprezzo ritenuta contaminata dal paganesimo (“Galilea dei Gentili"). Isaia 9, brano bellissimo.

Ormai il regno è per tutti. Come? Con 2 azioni fondamentali: annuncio di liberazione (Vangelo) e chiamata dei discepoli (forza travolgente che arrivi a TUTTISSIMI).   

Il Regno è vicino: si può toccare, raggiungere (Is), ci parla di premura paterna verso i figli. Gesù è il Regno, colui che si fa prossimo (buon samaritano) per toccare e sanare. E portare alla verità che fa liberi.

 

  • Credo in Dio Figlio che è davvero uomo, con debolezze, tentazioni, dubbi e piaghe? Come Gesù sono disposto ad ascoltare il Padre?

  • Credo che il Regno è vicino e che io sono chiamato ad annunciarlo?

  • Credo alla non violenza, che una Chiesa associata al potere è sempre perdente e che sono mandato alle periferie? In che periferia intendo impegnarmi quest'anno?

P. Maurizio Balducci


Condivisione dei gruppi 

Le domande qui sopra, insieme al Vangelo del battesimo di Gesù, hanno aperto il nostro cammino GIM di quest'anno.  

Questo brano di Matteo ci spinge a riflettere sulla figura di Gesù come uomo, che spesso la Chiesa tralascia di presentare. Si pensa sempre a Gesù come uno che schioccando le dita può risolvere tutti i problemi: qui invece ci chiede di metterci in cammino, proprio come ha fatto lui, per comprendere e realizzare la volontà di Dio su ciascuno di noi. Così forse comprenderemo anche le difficoltà e gli ostacoli che alle volte ci troviamo di fronte. E' inutile volere una riposta immediata alle nostre preghiere: dobbiamo essere disposti ad ascoltare, interiorizzare, camminare, cambiare. E' bello sapere che insicurezze e dubbi sono stati propri anche di Gesù, che si è fatto vicino a noi anche in questo. 

Pensare a Gesù in questi termini non ci scandalizza, anzi immaginarlo mentre compie il suo cammino di discernimento, dubbioso e tormentato ma assetato di comprendere il progetto di Dio su di lui e di compiere fino in fondo ciò che è giusto ce lo fa sentire vicino, aiuta la nostra fede. A pensarci bene, ci scandalizzerebbe maggiormente un Dio che rifiutasse di calarsi in tutto e per tutto nella condizione umana e si limitasse a osservare l'uomo da lontano.

Questo brano ci ricorda anche il rapporto filiale di Gesù con il Padre, in tutta la sua tenerezza. Gesù non è semplicemente una persona mandata per fare qualcosa, il suo rapporto con Dio è più intimo, più profondo. Pensiamo al rapporto con i nostri genitori: anche noi siamo figli, e i nostri genitori ci fanno spesso capire come si sentano realizzati innanzitutto vedendo la nostra felicità, il nostro vivere una vita piena. Noi siamo la gioia dei nostri genitori, allo stesso modo in questo brano Dio manifesta la sua gioia nel vedere il Figlio che scopre la propria vocazione, e ci lascia immaginare che gioisca con l'autenticità un genitore realizzato per ognuno di noi. 

Gli altri brani su cui ci siamo soffermati a riflettere sono il Salmo 88, l'urlo dell'uomo disperato circondato dalle tenebre, e Isaia 9, il passaggio di un popolo dalle tenebre alla luce. Noi forse non abbiamo mai sperimentato sulla nostra pelle delle tenebre così profonde, e fatichiamo a comprendere in pieno il significato di questo messaggio di liberazione offerta all'uomo, di questo passaggio dalle tenebre alla luce. Alcuni di noi però hanno vissuto il rifiuto delle loro scelte di vita da parte di amici, parenti e talvolta addirittura genitori, l'incomprensione quando non aperta avversione per i propri ideali e il proprio desiderio di una vita donata, e tutti possiamo comprendere come le tenebre più grandi contro cui siamo chiamati a lottare per realizzare il Regno siano quelle dell'abbandono, della solitudine, del rifiuto.

Abbiamo spesso trovato difficile comprendere il significato della frase "Il Regno di Dio è vicino": vicino in che senso? Spazio? Tempo? (Gesù l'ha detto 2000 anni fa! Perché non si è ancora realizzato?). Il confronto tra noi ci ha reso consapevoli che il Regno di Dio è presente ogni volta che sperimentiamo situazioni di accoglienza, dialogo, condivisione, fraternità con gli altri (amici, famigliari, colleghi...ma anche sconosciuti!). Ci immaginiamo il Regno di Dio come una realtà che scorre parallela alla nostra, toccandola in ogni gesto di Amore di cui siamo testimoni, gesti che non fanno magari rumore ma che lasciano un'impronta destinata a durare. 

Essere missionari che annunciano il Regno significa per noi innanzitutto fa emergere sempre di più questa realtà, cercandola pazientemente nelle persone e nelle situazioni intorno a noi e testimoniando con entusiasmo la bellezza delle esperienze in cui l'abbiamo toccata con mano. 

Se il Regno è vicino siamo chiamati ad annunciarlo subito, con urgenza. Qualche volta anche noi saremmo volentieri seguaci di un Dio supereroe, che cancellasse con un unico gesto tutte le situazioni di miseria e di ingiustizia. Il cammino verso il Regno invece è lungo, e ci rendiamo conto che molte persone non vedono la fine delle loro sofferenze, delle loro tenebre. Ma questo non deve spingerci a rifugiarci nelle recriminazioni, solo ad impegnarci con un'urgenza maggiore: Dio pone fine a queste sofferenze attraverso ognuno di noi.

Noi crediamo nella nonviolenza, ma in una nonviolenza che non sia una passiva accettazione della realtà intorno a noi, bensì una ricerca continua e creativa di nuovi modi per trasformarla.

Per questo ci impegniamo a prendere tutti, quest'anno, un impegno di servizio e di volontariato rivolto alle periferie e alle situazioni di disagio, cosa che la maggior parte di noi già fa in varie forme e in diverse realtà, e a viverlo come un occasione di costruzione del Regno. Dedicheremo una parte di ogni incontro a portare la nostra testimonianza per condividere con gli altri le esperienze, le difficoltà e i frutti di questo nostro impegno.

 

 I giovani del GIM1 di Venegono


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