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Novembre 2006

"Ha innalzato gli umili" (Lc 1,38-56)

MISSIONE GIOVANE: VIVIAMO LA SPERANZA!

Ma chi sono “tutti i santi”?

Il tempo che siamo chiamati a vivere è un tempo ricco di sfide, di tante preoccupazioni e di tante speranze. Per chi vuole, potrebbe continuare ad essere il tempo del “quieto vivere”. La festa di “tutti i santi” che dà inizio a questo mese di novembre ci pone di fronte a nomi e volti conosciuti, che non appaiono sui calendari o sugli altari, ma che hanno saputo essere protagonisti della storia con la loro vita.
“Ma chi sono tutti i santi?”

Una canzone di Guccini dice: "……o giorni, o mesi che, andate sempre via, sempre simili a voi è questa vita mia, diversa da tutti gli altri, ma a tutti gli altri uguale……” Forse i santi che celebriamo in questo giorno sono tutti coloro che hanno vissuto e vivono oggi questa vita uguale a tutti, eppure così diversa da tutti gli altri! Uguale perché vissuta nella quotidianità, spesso nella semplicità, senza grandi miracoli o grandi imprese.  Ma diversa perché intensa, intrisa di quell’esserci con tutte le forze, capaci di r-esistere nelle situazioni più assurde, senza tirarsi indietro, ma con tenacia e speranza nella certezza che quando faccio la mia parte, qualcosa può cambiare. E’ una vita piena di passione per questa storia, per il bene, per l’umanità.

A noi giovani, spesso allergici agli incensi degli altari, il compito di pensare alle tante e tante persone sante che abbiamo incontrato e che sono vicine a noi, sono loro che camminando fedelmente sulle orme di Gesù, trasformano l’assurdità in novità di vita ed è esplosione di primavera (anche a novembre!). A volte sono così vicino a noi che non sappiamo nemmeno riconoscerli, ci scomodano meno i santi “irraggiungibili”.

Santi non si nasce, nemmeno si diventa per meriti. La santità è un camminare umilmente nella storia, con gioia e inquietudine allo stesso tempo, come fa dona Alejandra in Cile e come lei, tante donne che trasformano la storia rendendo sempre più reali le parole del Magnificat: “…di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono…….ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati….” E’ un camminare fatto di piccole e grandi scelte quotidiane, di gratuità, di offerta fino ad arrivare al dono della propria vita, come è stato per

Sr. Liliana Rivetta, missionaria comboniana in Uganda.

Sono davvero queste sante e santi feriali, senza togliere nulla ai santi degli altari, a provocarci e a farci prendere sul serio la nostra responsabilità di giovani capaci di osare impegnandosi concretamente e accettando anche il rischio di donarsi fino in fondo. Allora anche la nostra vita spesso uguale diventa così diversa, perché piena e abbondante.   
GIM Napoli


“Ha innalzato gli umili”

Lc 1,48-56

 “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga..., non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro” 

(Ilario di Poitiers, V sec. d. C.) 

Esplosione di primavera. Due donne si incontrano e la storia cambia. Maria di Nazaret, scelta per essere la madre di Gesú, visita la cugina Elisabetta e canta l’inno profetico dei poveri (1Sam 2,1-10). Il canto nasce dall’incontro e dall’I CARE.

Elisabetta, al sesto mese di gravidanza, ha bisogno di aiuto. Maria cammina per 120 Km (pellegrinaggio di vita) e lo fa perché è un’amica fedele. Lei non abbandona mai gli amici. Ciò che era considerato sterile, vecchio, superato (la tarda età di Elisabetta) per Lei diventa luogo dei segni dei tempi e corre, per la sua prima missione, assumendo il suo nuovo “stato di vita” che sa “d’assurdo” (figlio concepito dallo Spirito Santo) per dar inizio a un nuovo parto complementare: si nasce solo lasciandosi incontrare e amare nel servizio. L’amore e la vicinanza, molto spesso, fanno fare cose assurde tra cui riconoscere la vita che vince su tutto.

Miriam, donna libera per non essere alienata da nessun uomo, né da nessun tipo di pressione di nessun sistema (né erotico, né pedagogico, né politico) gioca tutto ciò che ha per la liberazione per innalzare il canto sovversivo (sub-vertere, abbassare ciò che sta in alto) e mettere in pratica sine glossa, da buona madre e maestra, ciò che suo Figlio porterà avanti.

 É l’inquietudine di doña Alejandra che, madre di 6 figli di cui una stupenda down, desiderosa di mettersi al servizio dei più vulnerabili della parrocchia, mi confessa: ”Cristo mi vuole qui in mezzo al mio/suo popolo. Non posso rimanere indifferente alla mia realtà e non posso neppure evadere pensando di trovarLo fuori dalla storia che mi appartiene”. Sono davvero tante le Marie incrociano i nostri cammini!

 Il documento di Puebla (1979), citando le parole della Marialis Cultus di Paolo VI (MC 37) descrive Maria come “una persona totalmente diversa da una donna remissiva o di spiritualità alienante” (P 239). Successivamente, citando le parole dell’omelia di Giovanni Paolo II in Zapopan, sottolinea che Maria “nel Magnificat si manifesta come modello per coloro che non accettano passivamente le circostanze avverse della vita personale e sociale” (P 297) e “proclama che la salvezza di Dio ha a che fare con la giustizia verso i poveri” (P 1143).

La grandezza di Maria non é dovuta al fatto che é la Mamma di Gesù, ma perchè ascoltò la Parola di Dio e la mise in pratica e con il cantico che pronuncia (1,46-56) esprime la sua appartenenza a un popolo.

Il potere del Signore che si rivela nella storia attraverso azioni salvifiche, è fonte di profonda allegria (47). I gesti liberanti di Dio che partono dai più umili e oppressi (48) fa riconoscere a Maria lo sguardo d’amore di Dio nei suoi confronti (49) e questa allegria la pone in condizione di proclamare la Buona Notizia riconoscendolo misericordioso e accogliente (50), per questo é Santo il suo nome.

Maria ricorda con forza l’inversione messianica (51-53, che successivamente suo Figlio definirá con il detto “gli ultimi saranno i primi”) e smaschera la disuguaglianza economica parlando a nome degli affamati. La fame è una morte precoce e ingiusta perchè è il risultato della dimenticanza, dell’esclusione e dello spogliamento dei beni comuni e universali: chi permette tutto ciò e si definisce cristiano, rischia l’eresia perché non può dire di credere in Dio (per salvare l’anima) e far morire il fratello (per non confondere le cose spirituali con quelle materiali): questo cattolicesimo schizofrenico esiste tutt’oggi rischiando di fomentare una religione edonista e di puri funzionari.

Maria prepara la “cattedra di Gesù” dicendo che senza umiltà, celebrazione, gioia e condivisione non si può entrare nella terra promessa. Così senz’ indugio è capace di leggere i segni dei tempi, ci offre il nuovo sguardo di Dio.

Questo sguardo avvolge anche la nostra povera parrocchia dedicata a Maria Misionera dove la sinfonia del cantico risuona nei pasajes come canto di speranza. A voi due piccoli passi del nostro povero cammino di lectio humana attraverso il quale cerchiamo di riappropriarci degli spazi di umanità per cantare il nostro Magnificat.

 Saper leggere e scrivere

 Con il programma gratuito per l’alfabetizzazione del Ministero dell’Educazione del Chile, abbiamo trasformato il nostro Centro Comunitario in aule scolastiche popolari. Dà gioia vedere Juan che accompagna sua madre Luisa a studiare. L’accompagna fino alla porta, le lascia dei biscotti per la pausa e l’abbraccia dicendole che le vuole bene ed è orgoglioso di lei. Ripasserá tra quattro ore, quando concluderá la lezione, per riaccompagnarla a casa e accoglierla con una “once” (merenda-cena) teneramente preparata. É quel rovesciamento di prospettiva che si manifesta nell’abbraccio della nonnina María (78 anni e si definisce studentessa del corso di alfabetizzazione) che prolungandosi con un abbraccione bagnato d’emozione mi dice: “Mi sento viva e contenta. Un dono senza limiti e per sempre. Che bello sapere che posso sempre migliorare”.

Piccoli segni di speranza e di vita, il minimo che la Chiesa possa offrire oggi in un contesto globale che a livello economico sta creando canyon di separazioni. E noi, forse troppo preoccupati per ultimi modelli di vestiti, di pizzi e di paramenti liturgici... dovremmo fare voto di restituire l’80% di quello che spendiamo per ornare l’altare di Cristo per rivestire il corpo di Cristo, che è il corpo dei poveri!

 Ho 14 anni e sono incinta!

 Sono 25 le ragazze minorenni in gravidanza che il programma Paternidad Adolescente Responsable sta accompagnando. Molte di loro non sanno né leggere né scrivere. Altre sono ripudiate dai loro genitori e alcune sono accettate in casa nonostante tutto. Con la pazienza materna delle nostre cinque mamme (di cui la resposabile è Jeannette) le ragazze vengono visitate almeno una volta al mese per essere accompagnate nel processo della gravidanza. Si tratta di una presenza discreta, materna, tenera e allo stesso tempo che aiuti alla crescita con responsabilitá. Per loro si organizzano corsi pratici di cucina, di rilassamento e di relazione interpersonale. Insomma tutto ció che possa permetterle di sentirse a casa. Cosí Juanita, di 14 anni e il suo piccolo in braccio, si avvicinó una sera mentre passavo davanti a casa sua dicendomi: “Sono di poche parole. Non ho regali, ma vorrei ringraziarla per preoccuparsi di noi”. E con forte abbraccio se ne va correndo, tra felicità e timidezza...

Così il mio Spirito esulta in Dio mio Salvatore perché ha guardato l’umiltà della sua serva… riappropriarsi delle strade perchè il potere del non-amore non vinca. I CARE per sempre.


Testimone: "Non ho giocato la mia vita per scherzo!"

 Liliana Rivetta, Missionaria Comboniana

 “Ti chiami Liliana, ma non c'è nessuna santa col tuo nome”… “Non fa niente, vuole dire che santa diventerò io!”. E anche il parroco del paese è messo a tacere, con poche parole. Liliana è spigliata, intuitiva, con forte spirito d'osservazione: dice sempre quello che pensa. Sono gli anni duri del dopoguerra in Italia, e anche nel nord (Liliana è della provincia di Brescia) si fa fatica… In seconda media, troppo vivace e indisciplinata, tronca la scuola e impara maglieria con le suore Orsoline, ma la mamma temendo che gliela influenzino la toglie, e lei va a lavorare a Brescia in una fabbrica di abiti: profitta del viaggio in corriera per leggere. A sedici anni chiede il permesso, negato dai genitori, di farsi suora. Ma giunta alla maggiore età si licenzia e comincia a cercare l'istituto missionario che la accolga. Un ritiro spirituale presso le Comboniane la fa decidere, ma i genitori non ne vogliono sapere e, così, il 25 marzo 1965, fugge e va a Verona dalle Comboniane. La mamma la rincorre ma.. il treno è già partito.

Da quella sera scrive a casa ogni giorno ("È una settimana che sono lontana da casa: è per la mia volontà, perché desidero seguire Gesù …" ), ma nessuno risponde. Confida ad una suora "Non auguro a nessuno di essere motivo di dolore per la propria mamma. Terribile" Finché un giorno arriva la sorella Silvana, attraverso la quale riprende i contatti con la famiglia che, però, non viene neppure per la vestizione. Le lettere di Liliana costituiscono quasi un diario (la mamma ne conserva quasi 500!). Poi deve partire per Londra (due anni di noviziato) e ottiene il permesso di passare due giorni a casa "Vengo a casa, che felicità! Quando vedo una Madre della Nigrizia mi si allarga il cuore; quando questo avverrà anche per voi? tanto più che sono vostra figlia". Il 29 settembre '67 fa la prima professione "ora mi chiamo Lilia Maria, bel nome, vuol dire giglio di Maria". Studia inglese, da maestra di scuola materna, teologia e il 12 settembre 1969, smaniosa di mettersi all'opera, salpa per l'Africa, destinazione Lira, in Uganda.

A piedi, in bicicletta, poi guidando un auto e, anche, un camion sempre in giro a visitare famiglie, il lebbrosario, ma, soprattutto, i bambini. "Nella tua lettera mi chiedevi se sono stanca: sarò stanca, ma non di Africa. Il sole scotta e così ci si stanca, ma quando va giù sembra di poter fare un'altra giornata". Il troppo lavoro la fa deperire per cui nel 1973 la rimandano in Italia dove studia, si diploma, fa scuola materna… Riparte il 20 gennaio 1977 per il Kenia, missione di Kariobangi (anche di questa terra sa già tutto: storia, geografia, costumi, economia, situazione politica…). Nel giugno dell'anno successivo ritorna in Uganda, ad Amudat. Dovendo imbucare la posta in Kenya, nasconde ai suoi questo ritorno (l'Uganda è in subbuglio, pericolosa per la miseria e le traversie politiche). Quando tornerà l'ultima volta a casa dirà alla mamma: "se non ti volessi bene non ti avrei tenuto nascosto fino ad oggi che mi trovavo in Uganda!".

Ad Amudad arriva una terribile carestia, manca tutto "scrivo su un foglio vecchio ed usato, ma è finita la carta, questo è l'ultimo. Si cerca di sopravvivere, ma non preoccupatevi noi stiamo bene". Fame, colera, bande di razziatori. "Ho imparato a mangiare con le dita, nella stessa pentola, quel poco che c'è, ma il Signore provvederà. Al mattino, trovo in cortile morti di fame, con bambini scheletriti che tendono la mano… difficoltà ce ne sono dappertutto, ma questa è la vita che ho scelto … Credi che oggi i santi esistono ancora? Certo, ci sono. Che non fanno miracoli se non quello dell'amore, che è il miracolo più strabiliante e alla portata di tutti. Di te, di me, …”

Il 10 agosto del 1981, sulla strada di Amudat, razziatori sono in agguato fra i cespugli e, quando vedono l'ammaccata Land Rover, sperano di fare bottino: sparano all'impazzata; una pallottola trafigge il cuore di Suor Liliana che muore all'istante. Riconoscendo le suore tutti fuggono tranne una consorella che riporta il veicolo con la defunta: la sua fine è stata la conclusione "logica" della sua vita: una vita tutta regalata a Dio ed ai fratelli. Ad un'amica aveva detto, profeticamente, "Non ho giocato la mia vita per scherzo!". Sulla foto della professione religiosa aveva scritto di suo pugno: "Signore, tu sai tutto. Lo sai che ti amo".

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